Non mi importa di dovermi sedere sul pavimento a scuola. Tutto ciò che voglio è avere un’istruzione”. Con il suo impegno e attivismo per i diritti delle donne in Pakistan, Malala Yousafzai ha vinto il Premio Nobel per la Pace, nel 2014. Tutto regolare, se non fosse che Malala nel 2014 aveva 17 anni, e aveva già vissuto un dramma, dopo essere stata sparata da un gruppo di talebani armati mentre tornava da scuola. Chiunque avrebbe messo al primo posto la propria incolumità, ma lei ha scelto di continuare a portare al mondo i suoi messaggi di positività e rispetto per le donne: oggi, a soli 20 anni, si è già confrontata con tutti i più importanti capi di Stato.

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La storia della giovane pakistana fa capire quanto sia stata speciale fin da bambina: a 11 anni è diventata famosa perché la BBC pubblicava il suo blog, un diario di studentessa in cui raccontava le difficoltà di vivere sotto il regime talebano, tra abusi e impossibilità di studiare, soprattutto per le bambine. Un diario di denuncia, ma Malala era pur sempre solo una ragazzina: il 9 ottobre 2012 alcuni uomini armati salirono sullo scuolabus che la portava a casa e la colpirono alla testa. Fu ricoverata in ospedale e operata: i proiettili le furono estratti con una delicata operazione, ma per fortuna è sopravvissuta.

Da quel momento la storia di Malala ha commosso davvero tutto il mondo: una ragazzina così piccola, con un obiettivo così grande, salvare la sua popolazione dalla sofferenza e dagli abusi, già vittima del terrorismo. Ihsanullah Ihsan, portavoce dei talebani, rivendicò l’attentato considerandola ‘simbolo di oscenità e infedeltà’. L’ospedale di Birmingham, in Inghilterra, si offrì di curarla, ma appena guarì, la sua voglia di continuare la battaglia, specie quella sull’istruzione delle donne, era più forte che mai. A sedici anni fu invitata a parlare al Palazzo di Vetro di New York, il giorno del suo compleanno: indossava lo scialle appartenuto alla politica pakistana Benazir Bhutto, morta nel 2007 in un attacco terroristico, e fece un appello ai capi di Stato di tutto il mondo di permettere a tutti il diritto all’istruzione.

Sempre nel 2013, dopo questa prima importantissima uscita pubblica, il presidente del Parlamento Europeo Martin Schulz le consegnò il Premio Sakharov per la libertà di pensiero. Ma è nel 2014 che Malala si consacra definitivamente come attivista, vincendo il Premio Nobel per la Pace (è la più giovane vincitrice di sempre, appena diciassettenne). La motivazione del premio, vinto insieme all’attivista indiano Kailash Satyarthi, è stata “per la loro lotta contro la sopraffazione dei bambini e dei giovani e per il diritto di tutti i bambini all'istruzione”. Il libro “Io sono Malala” è stato un successo mondiale.

Oggi Malala, quasi 21enne, studia filosofia politica ed economia a Oxford, al college Lady Margaret Hall. Le sue parole ormai contano sempre di più ai tavoli internazionali. Lo scorso anno ha criticato la leader birmana Aung San Suu Kyi per il suo silenzio davanti alle violenze contro la minoranza musulmana dei Rohingya. È tornata a Mingora, nella sua città natale, la stessa in cui le spararono, mantenendo il segreto sul viaggio per motivi di sicurezza e parlando in una scuola anche della sua fondazione, Malala Fund, che si occupa di raccogliere fondi per promuovere l’istruzione di bambini e donne in tutto il mondo. E continua a rispondere su Twitter anche ai potenti della Terra, perfino con ironia, quando gli ideali di solidarietà e uguaglianza in cui crede vengono minacciati. Senza dimenticare che, per fortuna sua (e un po’ anche nostra), ha ancora vent’anni e tanto da dare al mondo.