Se quella che stiamo vivendo aveva tutta l’aria di essere l’epoca della dissoluzione reputazionale dell’Unione Europea, chiamata sempre, invariabilmente a “battere un colpo” in questioni in cui non riesce a farsi sentire, nessuno poteva immaginare che a risolvere i problemi di pr dell’istituzione comunitaria ci avrebbe pensato il 44enne presidente ucraino, fino a poche settimane fa un anonimo politico dell’Est con consenso in calo. Volodymyr Zelensky “un colpo” l’ha battuto. E che colpo: ha preso quella che doveva – nelle intenzioni dell’aggressore, Vladimir Putin – essere una guerra lampo di conquista muscolare di un paese confinante e l’ha resa una moderna guerra di Spagna, chiamando a raccolta il mondo per difendere «l’Europa e i suoi valori».

Ha scritto Hannah Arendt che «il fatto che l'uomo sia capace d'azione significa che da lui ci si può attendere l'inatteso, che è in grado di compiere ciò che è infinitamente improbabile», e sembrano parole modellate su misura da un sarto per l’impensabile traiettoria personale di Zelensky: nasce in una famiglia ebrea russofona dell’Est alla fine degli anni Settanta, trascorre parte della sua infanzia in Mongolia, studia legge ma senza una grande passione, allora si butta sul teatro. Poi fonda uno studio di produzioni cinematografiche, Kvartal 95 Club, e nel 2015 diventa il protagonista di Sluha Narodu (letteralmente, «Servitore del popolo»), una serie satirica in cui interpreta un professore frustrato dalla corruzione imperante in Ucraina, che se ne lamenta in un video pubblicato su internet e diventato virale che alla fine gli permette, con grande sorpresa di tutti, di diventare presidente.

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La serie ottiene un successo epocale nel Paese. A marzo del 2018, dopo alcuni sondaggi esplorativi commissionati dallo stesso Kvartal 95 Club, lo studio fonda un partito politico che si chiama come la sua serie di successo, Sluha Narodu. L’anno seguente Sluha Narodu partecipa alle elezioni presidenziali con Volodymyr Zelensky come suo candidato, e le vince col 70% dei consensi degli ucraini. La fiction che diventa nonfiction.

Dall’inizio dell’invasione, in pochi giorni le sue gesta hanno già garantito all’ex attore comico un posto di rilievo nel firmamento della storia: poteva abbandonare Kiev alle bombe e garantirsi una via di fuga offertagli dagli Stati Uniti, ma ha risposto con una di quelle frasi che finiscono per segnare le epoche e il cuore delle persone: «Mi servono munizioni, non un passaggio»; sembrava la vittima designata delle ambizioni imperialiste dello zar Vladimir Putin, ma ha saputo radunare attorno a sé i leader europei e mondiali, prendendo parte a un summit in videoconferenza dalle strade di Kiev in cui ha sostenuto l’importanza di combattere uniti per l’Europa e da cui si è accomiatato dicendo «potrebbe essere l’ultima volta che mi vedete vivo». Il discorso ha lasciato, ha scritto il Washington Post, le cancellerie dell’Ue «con gli occhi lucidi» e le ha persuase a trovare un accordo per sanzioni economiche alla Russia di portata inedita.

topshot   ukrainian president volodymyr zelenskyy attends a meeting with britains prime minister during the munich security conference in munich, southern germany, on february 19, 2022   during the 58th munich security conference running from february 18 20, 2022, international diplomats and experts meet to discuss topics such as global order, human and transnational security, defense or sustainability photo by matt dunham  pool  afp photo by matt dunhampoolafp via getty imagespinterest
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«Riesce a riflettere e a proiettare le paure, i desideri e i sogni della gente. L’Ucraina si è unita dopo l’invasione. Zelensky è ispirato dallo spirito del suo popolo tanto quanto è lui a ispirarlo», ha scritto l’Economist del presidente ucraino. E di certo a questa immagine hanno contribuito i già leggendari video del capo di stato che passeggia per le strade del centro di Kiev a bombardamenti iniziati, salutando gli ucraini e invitandoli a non credere alle «fake news su internet» secondo cui il loro presidente li avrebbe abbandonati fuggendo.

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Se c’è un’antitesi esatta di quel che Volodymyr Zelensky sta mostrando al mondo, è la figura di un autocrate solitario e adirato, chiuso in un palazzo inaccessibile, che non riceve nemmeno gli ospiti dell’altissima diplomazia internazionale a una distanza inferiore ai quindici metri e vive in una realtà feroce e ossessiva di calcoli di annessioni imperiali: e chissà che, per accorgersi di aver sbagliato qualche conto, Vladimir Putin non debba iniziare dal volto comune e sorridente di un ex attore comico.

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