L'inimmaginabile si è avverato: Donald Trump è stato eletto Presidente degli Stati Uniti. Non credevamo, davvero, che sarebbe potuto succedere. I sondaggi fino all'ultimo davano per favoritissima Hillary Clinton. Abbiamo sperato che al momento del voto gli elettori, anche quelli più dubbiosi sulla Clinton, immaginandosi un presidente come Trump si sarebbero tappati il naso e avrebbero votato Hillary. Ho sottovalutato il risentimento, cieco e meschino, del maschio bianco.

I primi exit poll ci fanno pensare che i maschi bianchi americani abbiano votato per Trump in massa. La narrazione dei media che hanno coperto queste elezioni, tutta improntata su temi di economia e classe sociale, non ha tenuto conto di un particolare: a bocce ferme è sempre più chiaro che la vittoria di Trump è una vittoria di razza e di genere. 

Queste elezioni ci hanno dato una lezione importante: il razzismo e il sessismo continuano ad essere una motivazione fortissima per decine di milioni di americani. E il femminismo non lo è stato abbastanza, nemmeno in un caso come questo, in cui una donna qualificata è riuscita a perdere contro un bullo.

In qualsiasi paese civile non ci sarebbero stati dubbi sull'esito di questa elezione. Da una parte una donna con decenni di esperienza in politica, di estrazione sofisticata e progressista, che si è circondata dei migliori esperti e ha portato avanti una campagna elettorale concreta e ponderata. Dall'altra un uomo politicamente impreparato con diversi fallimenti alle spalle, incapace di comprendere realmente le ripercussioni pratiche del risentimento razziale e sessuale, che ha condotto una campagna elettorale disastrosa. Eppure ha vinto lui.

La vittoria di Trump è un insulto al genere femminile. Il messaggio è evidente: puoi essere la migliore, ma mi dispiace tesoro, non è sufficiente. Ogni donna che nella vita abbia provato l'umiliazione di non ottenere una promozione, data invece a un collega maschio meno bravo di lei; di essere trattata in modo condiscendente dai capi, dai professori, dai colleghi o dai propri compagni di scuola; che sia stata trattata come una che non è all'altezza. Questa etica demolisce l'autostima di tantissime donne, che finiscono per incolpare se stesse, arrivando alla conclusione che sia colpa loro, arrivando a pensare di non essere abbastanza in gamba e che anche impegnandosi al massimo non ce la faranno mai.

Abbiamo davanti agli occhi l'esempio perfetto di come una donna capace possa perdere contro un uomo profondamente impreparato.

Questo non è un fallimento del femminismo, ma un fallimento dell'America, e del maschio bianco americano in particolare. Nell'ultimo mezzo secolo le donne hanno fatto enormi conquiste: andare all'Università, avere accesso al mondo del lavoro, essere elette e arrivare ai piani alti, ottenendo risultati migliori degli uomini. Ma non è stato sufficiente raggiungere le più alte sfere o coprire posizioni che a lungo sono state appannaggio esclusivo dei maschi: le donne in posizioni di leadership costituiscono ancora un'esigua minoranza nel mondo degli affari, del diritto, della politica e della scienza. 

Molte di noi, femministe e non, si sono chieste perché non ci stiamo arrivando. E siamo arrivate alla conclusione che non può essere solo questione di sessismo. 

Forse non negoziamo abbastanza. Forse non ci valorizziamo abbastanza. Forse non usiamo un tono di voce abbastanza fermo e risoluto da risultare autorevole. Forse non siamo sufficientemente combattive o lo siamo troppo, o siamo troppo belle o non lo siamo abbastanza. Forse passiamo troppo tempo focalizzate sui nostri bambini e la nostra famiglia. Forse siamo donne che figli hanno deciso di non averne e quindi siamo delle carrieriste troppo ambiziose.

Forse non è colpa nostra. Forse è il fatto che la maggior parte della storia americana ha dato una serie di schiaffi in faccia alle donne. Abbiamo dovuto combattere con tutte le nostre forze per ottenere il diritto di voto, perché la violenza contro di noi venisse presa sul serio, per avere il diritto di fare ciò che vogliamo con il nostro corpo. Il maschio bianco molte di queste cose le ha sempre avute: fin dalla fondazione di questo Paese gli uomini bianchi hanno potuto contare su una serie di diritti e privilegi che noi donne ci abbiamo messo un secolo a conquistare, lottando. 

Spesso abbiamo perso e ci siamo rimesse a combattere. E continueremo a farlo. Ma questo è un colpo basso, sferrato dalla misoginia, molto duro da incassare. E fa male.

Da Cosmopolitan.com

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