2 lauree (in economia e in filosofia), 5 figli, 22 libri scritti (e tradotti in 36 lingue), 50 milioni di copie vendute nel mondo.

Questo è l'identikit in numeri di Madeleine Wickham, in arte Sophie Kinsella, autrice di culto che a fine aprile ha preso parte a un incontro (affollatissimo dalle fan!) alla manifestazione milanese Tempo di Libri.

Ha parlato di Jane Austen (cui era dedicato l'incontro) e del suo ultimo libro La mia vita non proprio perfetta (Mondadori, € 20), nel quale una 26enne di nome Katie lascia la campagna inglese per trasferirsi a Londra, dove conduce un'esistenza difficile, ma da dove posta su Instagram foto superglam per far credere a tutti di fare la bella vita. Finché… (no spoiler!).

Ecco il Kinsella-pensiero in 7 punti.

1. Sulle sue eroine: Katie (la nuova) e Becky (la protagonista della serie "I love shopping")

«Entrambe combattono con le loro vite, i soldi e le scelte che fanno: ma reagiscono in maniera diversa a ciò che gli succede. Katie è addicted ai sogni e questo può essere un problema, perché i sogni sono una bella cosa, ma non vanno confusi con ciò che effettivamente, nella vita, è possibile ottenere. In una scena di La mia vita non proprio perfetta Katie è in un locale di Londra e le viene presentato un conto esagerato per un muffin. Lei viene presa alla sprovvista, va nel panico e non sapendo come gestire la situazione, fa finta di avere un malore. Credo che Becky avrebbe prontamente frugato nelle sue tasche, avrebbe trovato una carta di credito e avrebbe pagato con quella! Mi piacerebbe che le due si incontrassero, penso che si piacerebbero».

2. Sull'uso dei social

«La tecnologia ha due facce. Da una parte induce le persone a far vedere solo il meglio di sé, a mettere in mostra una vita perfetta anche quando non esiste. Insomma: spinge alla menzogna. Dall'altra parte, però, esistono aspetti di grande onestà sul web: perché ci sono persone che, rassicurate dall'anonimato, riescono in Rete a parlare dei loro problemi come non sanno fare nella vita reale».

3. Sull'utilizzo dei "filtri"

«Il filtro che Katie applica ai suoi post su Instagram potrebbe chiamarsi: "Come vorrei che fosse". E molte persone, in effetti, mostrano sui social solo il meglio delle loro vite. Però secondo me non è un fenomeno del tutto nuovo. Se guardiamo i ritratti eseguiti dai pittori dei secoli passati, troviamo uomini e donne tutti ingioiellati, con i castelli più belli sullo sfondo... e non crediate che il pittore non desse una ritoccata agli zigomi o alla carnagione delle persone ritratte! Secondo me si è sempre fatto così, ma con strumenti diversi».

4. Su Jane Austen e le convenzioni sociali

«Nella società di cui parla Jane Austen le persone non avevano l'abitudine a essere dirette e dirsi le cose in faccia. C'era molto riserbo, quando incontravi qualcuno iniziavi una conversazione educata, magari parlavi del meteo. Succede, per esempio, quando Emma (protagonista dell'omonimo romanzo) incontra Jane Fairfax. Ora: noi potremmo pensare che ai nostri giorni questo non succeda più. Ma non è vero: esiste un luogo dove vigono delle regole sociali rigide, ed è l'ufficio. Nessuno di noi andrebbe mai dal capo a porre una domanda diretta su quello che ha fatto la notte prima! Nei posti di lavoro esistono codici comportamentali, regole e gerarchie come nella società di Jane Austen. Dei colleghi conosciamo solo l'aspetto professionale: l'altro, spesso, ce lo inventiamo noi».

5. Sugli incontri/scontri (tipo quello tra Elizabeth Bennet & Mark Darcy)

«Quando Darcy chiede in sposa Elizabeth, sottolinea che è disposto a sposarla nonostante la sua situazione economica, il suo ruolo sociale inferiore, la impresentabilità della madre etc. Lei gliene dice di tutti i colori: e nessuno ha mai parlato a Darcy in quel modo. In La mia vita non proprio perfetta c'è una scena che ha qualche analogia con quella: si svolge tra la protagonista Katie e un uomo di nome Alex. Lei lo incontra davanti all'ascensore in un momento in cui è davvero stufa di tutto e gli dice ciò che pensa di lui e del suo essere un privilegiato figlio di papà: e nessuno ha mai parlato ad Alex in quel modo. Katie lo fa perché è talmente stanca di tutto, talmente disperata, che pensa: non ho niente da perdere a dire quello che penso. Facendolo, offre ad Alex una prospettiva che per lui, cresciuto in una bolla di privilegio, è assolutamente inedita. Ok, non si tratta di una scena d'amore, non è che lui la guardi rapito e le dica: "Wow, ti amo!". Però quelle parole rimangono nella sua testa. Katie non è orgogliosa di quello che fa, anzi è in imbarazzo. Ma è questo il modo più grande di affermare le tue verità: non quando sei sicura di te, ma quando ti senti una schifezza e ne faresti anche a meno, ma c'è qualcosa dentro di te che ti obbliga a essere sincera. Perché è la tua occasione per esserlo».

6. Sul ruolo delle donne all'epoca di Jane Austen e ai giorni nostri

«È difficile per noi capire quanto siano cambiate le cose nel corso di questi secoli! Oggi quando una ragazza vuole cambiare vita (come succede a tutte le eroine che io ho creato), può farlo in mille modi: può trasferirsi in un'altra città, cambiare ufficio o addirittura lavoro. Ai tempi di Jane Austen (nata nel 1775 e morta nel 1817, ndr) non c'erano opzioni per una donna. Se appartenevi a un certo ceto sociale non potevi lavorare e dunque dipendevi dai tuoi parenti maschi oppure da un'anziana parente ricca. L'unico modo per modificare la tua situazione era il matrimonio, che dunque rappresentava tutto: una casa, un'occupazione e, certo, anche l'amore... ma soprattutto una casa e un'occupazione! Per questo le eroine di Jane Austen sono così pragmatiche quando parlano di matrimonio. Oggi, se raccontiamo agli amici che abbiamo ricevuto un'offerta di lavoro, loro ci chiedono subito: com'è l'azienda? E che stipendio ti offrono? Ecco, all'epoca della Austen era la stessa cosa. Davanti a una proposta di matrimonio si chiedeva: chi è lui? E che introiti ha? Per descrivere un uomo si indicava la sua condizione economica insieme all'altezza e il colore dei capelli! Oggi ce ne stupiamo e diciamo: ma che modo materialistico di affrontare le cose! Be', all'epoca non potevi permetterti il lusso di non essere materialista. Il matrimonio non era sempre un'occasione di amore, ma una scelta strategica per la tua vita. Lo vediamo, per esempio, in Orgoglio e pregiudizio quando Charlotte sposa Mr Collins».

7. Sul perché valga ancora la pena di leggere Jane Austen

«Ogni sua frase contiene un'intuizione, una genialità: ed è così per pochi scrittori. La prima volta che la leggi è una gioia, la seconda è una gioia più grande, e la decima una gioia ancora più grande, perché puoi andare oltre la trama ed entrare nella scrittura e cogliere le cose che non avevi colto le volte precedenti. E poi lei ti parla come si fa con un'amica. Sembra volerti dire: guarda queste persone, guarda questo mondo! Ti parla come se sapesse che tu potrai capirla. Ha fiducia nella capacità di giudizio e nel senso dell'umorismo del lettore. E questa è una cosa davvero speciale. Per questo io la amo e credo che valga la pena leggerla ancora».

Ecco la copertina dell'ultimo libro di Sophie Kinsella:

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