22 aprile 2021, Giornata Mondiale della Terra. E tu, hai deciso di dedicarti a uno shopping più consapevole? Ottimo! Prima di compilare la lista dei tuoi brand del cuore, però, assicurati che siano davvero sostenibili: il greenwashing è dietro l’angolo e capire cos’è può davvero salvare la tua coscienza ambientale. Se ne hai già sentito parlare, sai che stiamo per darti cattive notizie. Se, da un lato, il mondo della cosmetica sta, fortunatamente, diventando sempre più attento al problema della sostenibilità cercando di diminuire – per quanto possibile – la propria beauty footprint, dall’altro il greenwashing perpetrato da alcune aziende ne mina la credibilità. Cosa significa greenwashing? Essenzialmente, condire i propri prodotti in salsa green senza meriti, confondendo inutilmente chi, come te, sta cercando di costruirsi una coscienza ambientale e vuole affidarsi esclusivamente a brand che abbiano a cuore il pianeta (per davvero, però). Un’operazione di marketing, dunque, volta a far credere ai consumatori che un’azienda sia molto attenta all’ambiente, quando, in realtà, l’unico obbiettivo è il profitto. La buona notizia è che difendersi dal greenwashing è possibile, ma per combattere il nemico è necessario conoscerlo e qui stiamo per spiegarti tutto quello che devi tenere a mente.

Greenwashing: che cos’è l’ambientalismo di facciata

Il termine greenwashing è stato usato per la prima volta nel 1986 dall’attivista Jay Westerveld per denunciare una pratica molto comune negli alberghi, che facevano leva sul senso di responsabilità ambientale dei clienti chiedendo di non mettere a lavare la biancheria ogni giorno. L’intento, però, era tutt’altro che ridurre l’impatto dell’albergo sull’ecosistema: le motivazioni, infatti, erano esclusivamente (o almeno prevalentemente) di tipo economico. Un esempio semplice, ma perfetto per descrivere che cos’è davvero il greenwashing. Secondo la descrizione di Cosmetica Italia – che riporta la definizione della Commissione Europea – il greenwashing è «l’appropriazione indebita di virtù ambientaliste finalizzata alla creazione di un'immagine verde». Tradotto: si tratta di un’operazione di marketing e comunicazione, che formula claim vaghi e generici per indurre i consumatori a credere di trovarsi davanti a packaging sostenibili e cicli produttivi virtuosi per ottenere maggior profitto.

instagramView full post on Instagram

Perché è un problema?

Dimenticando per un secondo il fatto che il greenwashing delle aziende ha come unico scopo indurti a comprare dei prodotti “buoni per il pianeta”, quando non lo sono, questa pratica ha ben più di un risvolto negativo. A volte, infatti, claim entusiastici e operazioni di marketing dedicate alla sostenibilità non sono puramente una truffa, ma mirano a sottolineare con troppa enfasi gli sforzi – non poi così grandiosi – dell’azienda per salvaguardare l’ambiente. Altre volte, invece, è evidente come sia in atto una sorta di manipolazione dei consumatori. In entrambi i casi, il rischio è che si generi sfiducia nei confronti di qualsiasi messaggio di sostenibilità, anche quando veritiero. La seconda conseguenza è legata alle possibilità di sviluppo di un’economia circolare e sostenibile: la perdita di fiducia dei consumatori di fronte a questo tipo di comportamento può, infatti, allontanarli del tutto da un approccio green.


Come riconoscere il greenwashing?

Capire se ti trovi davanti a un tentativo di greenwashing è più semplice di quanto potresti pensare. Le aziende che davvero puntano alla sostenibilità e per cui la salvaguardia dell’ambiente è un vero valore, infatti, sono generalmente molto trasparenti. Ti basterà dare un’occhiata a siti e e-commerce per accorgertene: i prodotti, ad esempio, saranno corredati dall’INCI completo e non sarà difficile trovare spiegate in modo semplice e chiaro tutte le iniziative eco-friendly del brand. Al contrario, le aziende che cercano di dare forzatamente una veste green ai propri prodotti utilizzano molto accuratamente le parole, ma ben poco i fatti. Ricordati, infatti, che dichiarare un prodotto come “naturale al 98%” è molto facile: la formulazione, infatti, non deve far altro che essere composta principalmente da acqua. Allo stesso modo, il termine “biodegradabile” può essere estremamente vago. Ogni materiale, plastica compresa, è biodegradabile, la chiave è capire in quanto e quali danni può provocare all’ecosistema nel frattempo. Allo stesso modo, se trovare dettagli sulle formule e sulla tracciabilità degli ingredienti è un’impresa ardua, potresti trovarti davanti a un tentativo di greenwashing. In ultimo, non sottovalutare l’importanza strategica del packaging: la scelta di colori come il marrone, il verde o il bianco, infatti, potrebbe erroneamente indurti a pensare di essere davanti a un prodotto che si prende cura dell’ambiente. E potrebbe essere vero, ma potrebbe trattarsi di una semplice strategia di marketing. La soluzione? Verificare gli ingredienti, la storia dell’azienda e il suo reale impegno nel non peggiorare il cambiamento climatico.

Headshot of Beatrice Zocchi
Beatrice Zocchi

Beauty addicted per vocazione, ho fatto della ricerca della skincare perfetta una missione. Amo scovare nuove tendenze, ma non chiedetemi di tingermi i capelli. Mai sottovalutare il potere della bellezza: il rossetto giusto può cambiarti la giornata.