Chi, almeno una volta, non ha scelto di aggiungere un filtro a una foto, modificando un selfie per eliminare occhiaie, discromie, brufoli e imperfezioni di varia natura? Un'azione banale, che, però, nasconde un lato oscuro. Perché abbiamo sentito la necessità di farlo? La risposta, forse, potrebbe essere per sentirci più belli, più a nostro agio, più vicini agli standard di perfezione irraggiungibile imposti dai social media. E non c'è niente di male, certo. La necessità di essere accettati e appartenere a un gruppo è più che comprensibile. C'è, però, un confine da non valicare mai: quello della dismorfofobia, ovvero, la preoccupazione eccessiva e, spesso, priva di fondamento legata a un particolare tratto del proprio corpo. Una vera e propria ossessione, tale da spingere chi ne soffre a ricorrere alla chirurgia estetica per migliorare il proprio volto nel tentativo di raggiungere gli effetti...di un filtro social. Lo ha raccontato Dottoressa Mariuccia Bucci, specialista in Dermatologia e Venereologia, su Instagram, portando ad esempio la sua esperienza con i pazienti.
Dismorfofobia da filtri social: i dati
Se pensate che l'ossessione per il proprio aspetto fisico colpisca solo pochissime persone, dovreste davvero ricredervi. Circa l'85% delle ragazze, infatti, utilizza dei filtri per modificare la propria immagine sin dai 13 anni, camuffando il proprio viso prima pubblicare le proprie foto. Il problema, sottolinea la Dottoressa Bucci, è che, in questo modo, "inestetismi" come occhiaie, brufoli o piccole rughe vengono percepiti in modo negativo, come qualcosa da nascondere. Il risultato è una preoccupazione eccessiva - quasi patologica - per il proprio aspetto. E non solo. Il vero problema, infatti, è che i filtri mostrano uno standard di bellezza irreale, in cui non vengono cancellate solo le imperfezioni, ma anche aggiunti degli elementi. In particolare, l'ultima tendenza sembrano essere tratti "da bambola": occhi da gatta allungati, labbra carnose e zigomi scolpiti. Ed è esattamente questo l'elemento più preoccupante. Non si tratta più, infatti, di voler migliorare il proprio aspetto, ma di volerlo cambiare radicalmente.
I "ritocchi da selfie" e la richiesta di interventi mirati
Il post-racconto della Dottoressa Bucci parla chiaro: a preoccupare è l'aumento dei cosiddetti "ritocchi da selfie", ovvero, interventi mirati a migliorare il proprio aspetto nelle foto. Modificando i tratti del viso, ovviamente, per apparire come in un filtro. La fascia più colpita è quella tra i 18 e 35 anni, che sembra desiderare ardentemente di provare a raggiungere gli ideali di bellezza impossibili proposti dai social network. Addirittura, racconta la Dottoressa Bucci, alcuni pazienti hanno iniziato a mostrarle i loro autoscatti con e senza filtro per indicarle quali risultati vogliono raggiungere e quali difetti desiderano correggere. Un problema che va oltre la semplice omologazione degli standard di bellezza e che riguarda anche la salute stessa dei pazienti. Nei giovanissimi, infatti, procedere con iniezioni sistematiche non è salutare, soprattutto dal punto di vista psicologico, perché possono portare a cambiamenti irreversibili e stravolgimenti del volto di cui ci si potrebbe pentire. La lezione da imparare è solo una: provate ad amarvi così come siete.
Beauty addicted per vocazione, ho fatto della ricerca della skincare perfetta una missione. Amo scovare nuove tendenze, ma non chiedetemi di tingermi i capelli. Mai sottovalutare il potere della bellezza: il rossetto giusto può cambiarti la giornata.