Non avremmo voluto vedere le lacrime di Simone Biles e neanche i volti turbati delle atlete McKayla Maroney e Aly Raisman, che erano con lei davanti alla Commissione di senatori degli Affari Giudiziari lo scorso 15 settembre 2021. Non avremmo voluto ascoltare le parole di Simone - trasmesse in diretta tv - che ha raccontato di aver subito le molestie del dottor Larry Nassar, pupillo della Nazionale di ginnastica americana per decenni. Lei, come molte altre. Bambine e ragazzine in mano a un sistema che le ha triturate.

Non avremmo voluto sentire i racconti delle atlete che, quando erano solo delle bambine, sono state molestate da coloro che dovevano proteggerle. Eppure abbiamo dovuto. E la foto di Simone Biles che entra mano nella mano alle collega McKayla Maroney nell'aula dove tutto il passato è stato rivangato è la prova che parlarne ad alta voce smuove animi e intenzioni, anche di coloro che fino a ora hanno preferito avere le orecchie tappate.

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Nel post su Instagram, Simone Biles ci ha detto

« è difficile, ma ce la faremo a superare tutto questo»

Mano nella mano con le atlete con le quali ha vinto ori e superato record nell'ultimo decennio, compagne di vita e di trionfi, ma anche di sofferenza. Per un approfondimento di ciò che è stato, di cosa significa questa causa per l'America e per il mondo, basta accendere Netflix e guardare il documentario Atleta A.

Atleta A è il racconto preciso e lucido dell'inchiesta che ha portato all'arresto di Larry Nassar, medico ufficiale della Nazionale USA per decenni, volto televisivo rassicurante, esperto di fisioterapia dalle mani magiche che, solo apparentemente, rimetteva in sesto ossa e muscoli delle atlete. Nell'ombra, invece, le toccava e le violava. Le penetrava sotto gli occhi di tutti. Bambine di 6 anni, ragazzine di 12. Poco importa, perché lui lo faceva con tutte. Per decenni queste violenze sono state denunciate da molte atlete e dai loro genitori. Mai ascoltate, mai una conseguenza. Al centro del documentario di Netflix c'è Maggie Nichols, prima tra le campionesse americane a denunciare. La viva voce è la sua, ma le storie, le violenze e gli abusi sono in realtà centinaia. Davanti alla commissione del Senato, oltre a Simone Biles, c'era anche Aly Raisman, campionessa olimpica al corpo libero (2012) e vice-campionessa olimpica all-around (2016). Anche lei sopravvissuta, vittima di un sistema che non l'ha protetta.

Tutte hanno usato termini duri contro la Usa Gymnastics, la Commissione Olimpica, l'FBI al quale sono arrivate denunce e sollecitazioni, mai prese in considerazione. Chi doveva denunciare ha scelto di proteggere le persone sbagliate.

«La vita di una bambina vale così poco?», si è chiesta Simone Biles davanti alla commissione, ma la domanda, più che retorica, è necessaria. Chi di dovere ora dovrà rispondere, non ci sono più scappatoie. E la viva voce di queste atlete coraggiose, star dello sport con un seguito incredibile, servirà da megafono per accendere i riflettori su tutte quelle vittime inascoltate che una voce così forte non ce l'hanno. Per questo la foto di Simone Biles, Aly Raisman e McKayla Maroney è importante da guardare: ci ricorda che siamo tutti coinvolti in questa società che minimizza la cultura dello stupro e avalla violenze e abusi in nome dei soldi, delle apparenze, dei successi e del potere. E che dobbiamo uscirne, ora, o a nulla saranno valse le lacrime e la sofferenza di migliaia di donne che denunciano.