C'è chi ama quelle file ordinate di ombrelloni che da maggio fino ai primi di ottobre accolgono i bagnanti: tutti uguali, a righe bianche e azzurre. C'è chi vuole il lettino perché non sopporta i granelli di sabbia che si infilano nel costume e chi è abituato a farsi la doccia a gettoni prima di pranzare al chiosco sul lungomare. Poi c'è chi ama le spiagge libere. Non c'è lo stesso comfort: sotto l'asciugamano i sassolini dell'arenile ti lasciano i segni sulla pelle e devi portarti un panino con quello che trovi in frigo. Però sono libere. Puoi andare e venire, stare in pace, stare in silenzio, scegliere il punto di vista che preferisci e provare davvero a riprendere un po' di contatto con la natura almeno per mezza giornata. Eppure le spiagge libere in Italia sono sempre più a rischio e le dichiarazioni di ieri di Daniela Santanché lo testimoniano.

la polemica sulle spiagge libere e daniela santanchépinterest
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Nel corso dell’assemblea nazionale di Confesercenti, la ministra del Turismo Santanché ha parlato della spinosa questione del riordino del sistema delle concessioni balneari di cui il governo si occuperà nei prossimi mesi. Santanché ha detto che in Italia le spiagge libere vengono rovinate da «tossicodipendenti e rifiuti» e si è augurata che il governo le assegni ai privati, prima ancora di occuparsi delle concessioni già esistenti. Ma cosa succederebbe se le spiagge libere finissero per non essere più tali?

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Fabrizio Villa//Getty Images

«Negli ultimi vent'anni», si legge nel rapporto di Legambiente “Spiagge 2022”, «la crescita dei nuovi stabilimenti è continuata a ritmi tali che in molti Comuni è oramai impossibile trovare uno spazio dove poter liberamente e gratuitamente sdraiarsi a prendere il sole». Secondo il report le spiagge stanno venendo erose a un ritmo preoccupante mentre in Italia manca al momento un regolare e affidabile censimento delle concessioni balneari. «Sono 12.166 le concessioni per stabilimenti balneari che emergono dai dati del monitoraggio del Sistema informativo demanio marittimo (S.I.D.) del 2021 (erano 10.812 in quello precedente del 2018) con un aumento del 12,5% in 3 anni», spiega il rapporto. Complessivamente, secondo Legambiente, solo meno della metà delle spiagge del Paese «sono liberamente accessibili e fruibili per fare un bagno». Ma in alcune regioni la situazione è ben peggiore: in Liguria, Emilia-Romagna e Campania quasi il 70% delle spiagge è occupato da stabilimenti balneari. Le spiagge, è vero, rimangono uno spazio da curare e difendere, ma dobbiamo farlo per il bene dell'ambiente e il diritto di tutti (proprio di tutti) a goderne. Per preservare quello spazio di libertà - mentale e fisica a cui aspirare mentre fuori fa freddo.