Cosa vuol dire fare moda e soprattutto dove si fa la moda? Ovunque, verrebbe da rispondere in prima battuta. A Firenze, per esempio, all’interno di Fortezza da Basso fino allo scorso 12 Gennaio si è vista tanta moda, quasi esclusivamente maschile. Parliamo del Pitti. A Milano, per fare un altro esempio, fino al 15 Gennaio fate spazio, spostatevi, scansatevi, gli occhi sono tutti per le collezioni moda uomo 2018/2019. Qui è dove sono puntati i riflettori. Ma c’è anche un’altra moda della quale è bene parlare. Quella che fa bene, che fa del bene. La moda non è solo apparire, bando alle frivolezze, semmai è un modo con il quale esprimersi. Ma cosa esprime?

Ecco, abbiamo scelto tre progetti che partono dal miglior Made in Italy e lavorano intorno al concetto di moda in forma nuova, trasversale, attraverso delle sane contaminazioni e solo per stimolare una partecipazione attiva alla bellezza e alla creatività. Scegliendo donne fragili o con un passato di violenza da inserire nel mondo del lavoro ad esempio. Recuperando tessuti inutilizzati, riempiendo di significato quindi la parola sostenibilità e riciclo. Migliorando la situazione delle donne afghane, dando loro l’opportunità di accedere ad un microcredito per avviare un laboratorio di sartoria.

Sul serio pensavate che la moda fosse solo lustrini e paillettes?

PROGETTO QUID

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Il Progetto Quid, capace di unire al suo interno bellezza, innovazione sociale e sostenibilità ambientale, a dire il vero potremmo definirlo un vero e proprio brand di moda etica e allo stesso tempo sostenibile che propone capi di abbigliamento e accessori in edizione limitata, rigorosamente made in Italy. Le collezioni nascono da tessuti di fine serie messi a disposizione dalle più prestigiose aziende italiane. Le mani che lavorano quei tessuti appartengono a persone con trascorsi di fragilità, l’80% delle quali sono donne dai 20 anni in sù, vittime di violenza o della tratta, ex tossicodipendenti, invalide, ex detenute della Casa Circondariale di Verona Montorio.

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A quelle donne, che rappresentano 16 nazionalità diverse è dato il compito di trasformare le rimanenze dei tessuti pregiati, dando a quelle stoffe una seconda possibilità proprio come il Progetto Quid fa con loro. Parliamo di una vera e propria occasione di riscatto, in cui si ridisegna la moda, un vestito alla volta. Le donne coinvolte dal 2013 sono più di 80, 60 delle quali impegnate in produzione nella realizzazione dei capi. Il presidente è ancora una volta una donna, Anna Fiscale: “La moda per me è un’occasione per creare storie di bellezza: dei capi realizzati, naturalmente, ma anche di chi li fa. Progetto Quid è un po’ questo: l’unione del bello e del buono della moda”.

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Qual è strato il primo seme di un simile progetto?

Volevamo realizzare per il territorio qualcosa di bello e di utile. Farlo attraverso la moda è stata sia una fortuita coincidenza, sia una naturale conseguenza. La connessione con aziende moda con le quali siamo entrati subito in sinergia ci ha permesso fin dall’inizio di percorrere la strada del fashion, un ambito forte per il territorio che crea valore e la cui riconoscibilità è ampiamente testimoniata anche all’estero. La moda poi, permette di fare un lavoro creativo, artistico se vogliamo, e il riscatto per le donne che lavorano qui è ancora più bello!

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Il made in Italy quanto vale oggi?

E’ un pilastro fondante della nostra cultura riconosciuto a livello internazionale. Realizzare capi made in Italy, nel rispetto dei lavoratori e con tessuti di aziende locali è sicuramente un plus in più, o dovremmo dire… un nostro quid in più!

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Il fashion può essere etico. Come?

Creando contaminazioni positive tra mondo profit e mondo no profit e ancora prima ripensando la sua filiera mettendo al centro l’uomo (o meglio la donna) e l’ambiente, in un’ottica di sostenibilità umana e ambientale. Progetto Quid, come la molletta che abbiamo scelto come logo, dimostra che questa unione tra mercato e sociale non solo è auspicabile, ma è davvero possibile.

I loro capi possono essere acquistati nei 5 negozi Quid Store di Venezia, Vallese, Bassano del Grappa, Cadriano (Bologna), Mestre oppure online su Shop.progettoquid.com.

FONDAZIONE PANGEA

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Pangea ha un respiro internazionale, anche se è una Onlus tutta italiana che opera oltre che in Italia, anche in Afghanistan e in India. Qui si aiutano principalmente le donne vittima di violenza domestica. All’estero, invece, Pangea ha scelto di destinare la maggior parte dei proventi ai progetti e formazione per donne che scoprono prima di tutto di potercela fare.

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In Afghanistan, dal 2003 ad oggi, hanno aiutato con il Progetto Jamila, nell’area di Kabul oltre 5.000 donne, 600 in Italia, 500 in India. Non fanno beneficienza, non portano a il nostro denaro, ma le formano per creare delle micro imprese attraverso l’assegnazione di micro-crediti, che possono variare da un minimo di 120 a un massimo di 500 Euro, da restituire nell’arco di un anno). E sapete quante donne hanno scelto di aprire con quel credito ottenuto un laboratorio di sartoria? Tante, tantissime. Si lavora per migliorare le condizioni delle donne e delle loro famiglie, conoscendo i limiti e le contraddizioni delle tradizioni culturali. Donne estremamente povere, spesso analfabete e con problemi familiari (vedove, orfane con handicap, con famiglie estremamente numerose, con mariti malati...) ma tanto motivate nel voler contribuire alla loro vita.

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Viene insegnato loro non solo un lavoro, ma anche cosa siano i diritti umani, la salute riproduttiva, come affrontare le situazioni discriminatorie che vivono quotidianamente. Quelle donne sono diventate un esempio e un orgoglio per la famiglia e il paese: sorridono, pensano al futuro. Tra loro c’è Haifa, nata in una famiglia numerosa e povera. Sposa giovanissima, mamma subito. Pangea le ha permesso di studiare e imparare tutto ciò che le era stato negato e con il micro credito ha comprato una macchina da cucire, fili e stoffe preziose con i quali ha realizzato borse e abiti eleganti. Oggi, a 48 anni, è una delle operatrici di Pangea a Kabul, nel Distretto nr. 1, il più difficile perché il più integralista. Sorride sempre Hanifa. Sa di avere fatto del suo meglio, per sé, per i suoi 8 figli e per le donne che ha incontrato e accompagnato verso un futuro di dignità e diritti.

LABORATORIO SAN FRANCESCO

Ci troviamo a Verona e il Laboratorio di sartoria è nato all’interno di un progetto sociale più ampio, promosso dalla Cooperativa Sociale S. Maddalena di Canossa, nata nel 2011. Sapete qual è il loro scopo? Dare lavoro a donne in condizioni di svantaggio sociale, coniugando la solidarietà allo stile.

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Donne come Maria scappata dall’Ucraina e da un marito violento per dare un futuro migliore a suo figlio. Ricaduta nella stessa spirale di violenza con il nuovo marito vittima dell’alcol. O donne come Rita, sposata a marito violento che ha lasciato conseguenze difficili anche sulla vita del loro bambino.

Sono donne che hanno trovato nel lavoro in sartoria un modo per sostenersi e un ambiente dove ricominciare e trovare la fiducia in se stesse e nel prossimo. Donne alle quali è data la possibilità di usare macchine professionali per la realizzazione dei capi, donne che arrivano dalla Cooperativa dove sono accolte, oppure dalle liste speciali o semplicemente sono in difficoltà o disabili.

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Si lavora per conto terzi la maggior parte delle volte, per negozi che commissionano capi da produrre secondo la loro linea. E ci sono donne italiane ma anche straniere, dai 25 anni in su. Donne alle quali la stessa Calzedonia ha deciso di dare una mano. Come? Passandogli il materiale usato in sartoria che proviene dalle collezioni messe in commercio. Sono rimanenze è vero, ma non sono scarti. Ed è lì, in quel preciso momento che scende in campo la creatività di queste donne, alle quali è stata data una possibilità: lasciare il segno e farlo magari in grande con un marchio proprio (MdP Lab), un sogno che si è fatto idea concreta e che porta la firma di Teresa Andreoli, nata con il filo in mano. Lei è la responsabile del laboratorio, il cuore pulsante e al suo fianco c’è Paola Stevanini, mente creatrice di un progetto, come la sua linea di abiti “Dismisura”.

La bellezza delle donne non ha confini!