Non esiste non averne ALMENO uno nell'armadio. Non esiste non avere il preferito e non esiste non indossarli non stop 250 giorni all'anno. In generale per scegliere quelli giusti ci impieghiamo ore, se non giorni, per finire con l'ammettere che il processo richiede sessioni multiple di ricerche zelanti e accuratissime a caccia della cucitura che ci accarezzi le forme come un guanto, della resistenza a oltranza di aderenza e colore, del fitting gamba ideale e dell'orlo realizzato a regola d'arte. Sì, i pantaloni più amati dell'universo sono loro, gli intramontabili jeans. Però adesso fine del sottofondo musicale da music for airport e del filtro kira-kira con i glitter. È arrivato il momento della cruda verità. Se li guardiamo con la lente della moda contemporanea, ovvero con quell'approccio sostenibile ormai famigliare, capiamo in un nano secondo che un blue jeans è il pantalone a più alto tasso inquinante nella totalità del suo processo produttivo. Sì, se ne stanno accorgendo in molti - e questo è un bene- ma scegliere e apprezzare le sue versioni sostenibili nel rispetto dell'ambiente e delle persone nel 2021 è una soft skill da considerare ormai imprenscindibile. Noi ci siamo.

Per produrre un singolo paio di jeans sono impiegati tra i 1000 e 7000 litri di acqua. Anche basta

Scegliere jeans sostenibili nel 2021 dovrebbe essere normale

Perché siamo così diretti nel dire che la filiera produttiva dei pantaloni in denim è così inquinante? Perché è la verità. Pensaci, dai pesticidi e insetticidi impiegati nella coltivazione del cotone, all'utilizzo massiccio di acqua ed energia sino agli agenti chimici utilizzati per tingere, stingere, schiarire e fissare il colore, i jeans uomo, donna e bambino sono oggettivamente tra i capi di abbigliamento meno virtuosi e rispettosi dell'ambiente. Cosa si può fare per migliorare la situazione? Le aziende produttrici che ci stanno provando hanno tre obiettivi principali:

  • Utilizzo di materiali green con il cotone certificato e riciclato
  • Sviluppo di programmi sistemici di riduzione dei litri d'acqua nel processo di lavorazione
  • L'impiego di jeans smessi con cui fare up-cycling di materia prima

Nel XIII secolo il blu di Genova era una stoffa robusta e morbida adatta a confezionare abiti da lavoro resistenti per pescatori, marinai, lavoratori portuali e minatori, presto esportata nelle Americhe con grande successo. Ma il mercato, si sa, è libero e i vicini tessitori francesi dal distretto di Nîmes iniziarono a replicare il Bleu de Gênes, ribattezzato poi in inglese blue-jeans, con un mix di lana e seta grezza filato in tessuto con un motivo a coste parallele diagonali chiamato twill. Ben presto, questa stoffa francese double, scura da un lato e chiara dall'altro, iniziò a chiamarsi con il nome di Tenue de Nîmes (vestiti da Nîmes) descrizione che inglesi e americani trasformarono velocemente nell’ormai famoso de-nim. Da sempre, e parliamo di Greci e Romani, la tintura nel mitico blu si ottiene con l'indaco vegetale estratto dalla macerazione delle foglie del genere Indigofera. Prezioso quanto raro e per ovvie ragioni economiche, nel secolo scorso i produttori scelsero di introdurre tinture sintetiche di quel blu innescando un disastro annunciato dal punto di vista ambientale di cui oggi ne paghiamo le tremende conseguenze.

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Per ridurre i costi i produttori di jeans hanno iniziato così a mescolare alle fibre di natura organica quelle sintetiche: dal poliestere negli anni 80, allo Spandex e al T400 per maggiore elasticità, al Tencel per la morbidezza. E ogni lavorazione dedicata al finissaggio estetico produce danni pesantissimi. Per ottenere quell'effetto sfumato che ci piace tanto è giusto sapere che nei canonici 20 lavaggi si utilizza della pietra pomice insieme a sostanze chimiche molto aggressive utili a frammentare la tintura omogenea del blu indigo. Residui chimici, metalli pesanti come manganese, cadmio, cromo, mercurio, piombo e rame, candeggina, agenti ossidanti, polvere di pigmenti blu, particelle volatili di pietra pomice e fibre lacerate sembrano descrivere uno scenario tessile apocalittico piuttosto di un seducente paio di pantaloni grigio/azzurri pronto ad essere indossato.

Come si capisce se un paio di pantaloni jeans sono o non sono sostenibili?

Per fortuna oggi esistono parecchi enti che certificano se le aziende si impegnano realmente a produrre jeans secondo una importante riduzione di consumo d'acqua, energia e chimica. EIM, ad esempio, è uno strumento sentinella molto utile in questo. L'acronimo sta appunto per Environmental Impact Measuring, misurazione dell'impatto ambientale, servizio creato da una realtà leader mondiale nella tecnologia di finitura sostenibile e virtuosa per il tessile, Jeanologia. EIM calcola l'esatta quantità di acqua, energia, chimica e welfare della mano d'opera per ogni capo prodotto dalle aziende, di fatto evidenziando un panorama non proprio così a impatto (quasi) zero. Questi che leggi qui sotto sono, secondo EIM, i parametri ottimali entro cui stare per produrre in modo sostenibile.

  • Da 0 a 35 litri di acqua per capo d'abbigliamento
  • Da 0 a 2 Kw.h/ per capo d'abbigliamento
  • Da 0 a 25 agenti chimici utilizzati
  • Da 0 a 20 nel riguardo dei lavoratori


Tra le nuove tecnologie green utilizzate per creare finissaggi alla moda su jeans e giacche in denim ci sono i lavaggi asciutti all'ozono, un gas formato da tre atomi di ossigeno con altissime proprietà ossidanti. E poi laser a infrarossi computerizzati e tinture con zolfo liquido meno inquinanti con il 90% di resa maggiore rispetto alla tintura con indigo sintetico. Esistono anche tinture con schiuma e finissaggi con bolle d'aria microscopiche in grado di sostituire l'acqua per tingere e lavare.

Jeans sostenibili italiani e internazionali su cui puntare adesso

Candiani Denim, vieni a scoprire il jeans compostabile

Abbiamo già parlato del brevetto internazionale di Candiani Denim, COREVATM, prima tela stretch 100% biodegradabile e compostabile della storia dei jeans. Adesso però puoi testare questi jeans sostenibili attraverso un'esperienza speciale, Candiani Vision, un hub dedicato alla cultura della sostenibilità. Fino a fine anno, in Corso di Porta Ticinese 22 a Milano, puoi ammirare l'allestimento ideato da Matteo Ward con piantine di menta nate dalla bio fertilizzazione del jeans e giocare con il wall interattivo dispensatore di valori e pratiche della sostenibilità nella manifattura. Ovvio, puoi provare anche i pantaloni della collezione Coreva.

Con un paio di jeans levi's proteggi il pianeta

La storia dei jeans levi's ormai la sappiamo quasi a memoria come le tabelline. No? No worry, la si recupera pure qui, mentre i capitoli più recenti sono avvincenti per come sta crescendo la sua evoluzione green. Il famoso brand ha aderito al programma Cotton's Blue Jeans Go Green per evitare che la tela denim finisca nelle discariche a cielo aperto, ma piuttosto venga impiegata come materiale di isolamento termico per le abitazioni. Inoltre con Better Cotton Initiative levi's ha raggiunto un buon 20% per la qualità di cotone utilizzato con l'obiettivo di arrivare presto al 100%. L'utilizzo di coloranti naturali a base vegetale e un processo di finitura secondo tecniche Water<Less consente a levi's di risparmiare fino al 96% dell’acqua, ovvero più di 3,5 miliardi di litri in meno rispetto a dieci anni fa.

I pantaloni jeans sostenibili italiani di Blue of a Kind

I Blue of a Kind sono uno studio di moda italiano focalizzato sull'upcycling, cioè realizzano abiti esclusivamente da capi preesistenti e tessuti riproposti come jeans vintage e dead stock. E non lasciano nulla al caso: dagli imballaggi fino ai biglietti da visita, tutto è realizzato con materiali riciclati. Nel processo di confezione dei pantaloni e dei capi in denim il lavaggio non è contemplato, quindi il colore del jeans è solo e unicamente il risultato di anni di usura accumulata nella sua vita precedente.

Jeans sostenibile ultima frontiera: i pantaloni denim in affitto di MUD


È un circolo chiuso quello di MUD, realtà virtuosa olandese nata nel 2012 e specializzata in denim sostenibile. L'ultima trovata, geniale, riguarda l'opzione noleggio. 12 mesi a 9,99 euro (+29 di iscrizione) dopo di ché il pantalone sarà tuo. Oppure puoi sempre decidere di restituirlo gratuitamente per riciclarlo e crearne uno nuovo.