A volte per trovare qualcosa bisogna cercare tutt’altro. Cristoforo Colombo l’America l’ha scoperta così, sognando l’India. Tell me lies realizza qualcosa di simile. La serie di Disney Plus prodotta tra gli altri da Emma Roberts e ispirata al romanzo omonimo di Carola Lovering, si era posta un obiettivo molto nobile: trattare il delicato tema della mascolinità tossica, svelando i meccanismi che governano la mente di un ragazzo sulla ventina e che lo spingono a mentire e manipolare la propria ragazza. Senza considerare un’altra ipotesi, che anche le ragazze sanno giocare al loro stesso gioco. Tanto che, una volta terminata la serie, appare evidente come Tell me lies non racconti cosa sia la mascolinità tossica, ma ci inviti ad aprire gli occhi su come una relazione, qualsiasi relazione, possa diventare rapidamente un incastro letale di gaslighting, ghosting, orbiting, e tutto quello a cui nel corso degli ultimi anni abbiamo anche dato un nome.

In un contesto di alcool, droga, sesso nelle stanze del college, tradimenti, troviamo sei ragazzi le cui vite sono intrecciate dall'appartenenza alla medesima scuola. Al primo anno c'è Lucy Albright (Grave Van Pattern di Nine Perfect Strangers su Prime Video). Qualcosa di oscuro nel suo passato la porta a compiere scelte discutibili, così, chiusa nel suo piccolo mondo fatto di rimorsi, si lascia andare al primo uomo capace di farle provare un qualsiasi tipo di sentimento. Lui è Stephen DeMarco (Jackson White), studente di giurisprudenza al secondo anno, studioso affascinante e tenebroso.

La serie si muove su una linea temporale di otto anni. In questo sfondo compaiono le coppie formate da Pippa (Sonia Mena) e Wrigley (Spencer House), e da Bree (Catherine Missal, Come ti spaccio la famiglia) ed Evan (Branden Cook), rendendo lo show un lungo flashback ambientato otto anni prima e che in tre occasioni torna all’attualità: all’inizio, alla fine, e in un altro momento nel corso della stagione. Dopo dieci minuti sappiamo tre cose: Bree ed Evan sono destinati a innamorarsi, Pippa e Wrigley a lasciarsi, ma non sappiamo a causa di cosa, e che tra Lucy e Stephen ci sono questioni irrisolte.

Ma perché parliamo di relazione tossica? Lucy Albright quando arriva al college non conosce nessuno. La vediamo insicura, bella, dedita a cascare nella trappola di menzogne e false aspettative che frasi come «sei l'unica con cui vado a letto», «domani mi mancherà svegliarmi tra le tue braccia» ti procurano. La maggior parte di noi potrebbe ammettere di essersi lasciata attrarre da quel gioco di seduzione meschino, soprattutto se condito da un'aurea di mistero e sicurezza che rende questa categoria di uomini tra le più credibili in assoluto. È Lucy quella ferita, e lui lo stronzo che ha un’altra. Che a differenza degli altri non mente, ma omette, con tutti ma non con la telecamera (noi conosciamo perfettamente cosa nasconde Stephen, ma non sappiamo quali sono i segreti dei suoi amici).

Infine, ci viene proposta un’altra tipologia di coppia: lui innamorato di lei, e lei del fatto di uscire con il più popolare della scuola e di poter essere al tempo stesso libera di andare con chiunque altro, come a sottolineare che le relazioni tossiche non abbiano genere. La verità, ed è questo il senso di tutto ciò che si vede negli episodi (che potevano essere girati meglio e nonostante questo a volte ci fracassano lo stomaco), è che quando per continuare a rimanere accanto alle persone che amiamo ci dimentichiamo di noi stessi, la relazione non può più funzionare. Come Lucy che rischia per Stephen, abbandona i progetti per l’estate, la migliore amica, lo studio nella speranza spasmodica che lui possa continuare a volerla: conformandosi a un uomo che non è altro che un estraneo piuttosto che a ciò che desidera veramente. Ed è per questo che ci sono relazioni che possiamo definire “tossiche”, perché invece di essere fonte di positività e di benessere non fanno nulla che non sia produrre effetti distruttivi sulla propria vita e su di sé. Al termine di Tell Me Lies ci si chiede se non sia solo colpa della nostra inesperienza, che forse è pure una cosa che ci raccontiamo da tantissimo tempo per trovare alibi alle bugie a cui a distanza di anni continuiamo a credere.