Ha 25 anni e una medaglia d'oro alle Olimpiadi. Filippo Tortu corre velocissimo, come quasi nessun italiano ha mai fatto. A pochi mesi da Tokyo, luogo che a oggi custodisce i suoi non così reconditi desideri, Cosmopolitan lo incontra nella favolosa cornice del Castello Sforzesco di Milano dove Nike ha allestito un evento dedicato al benessere fra corpo e mente. La nostra conversazione parte da qui e dai cinque pilastri sulla quale il festival e il tema attorno cui nasce si fonda.

Movimento

«Movimento mi fa subito naturalmente venire in mente la corsa, che è la base del movimento in generale e di qualsiasi sport. Mi viene in mente la veloce, quindi i 100 metri. E mi viene in mente anche l'armonia, in particolare quella della corsa, con i suoi movimenti ciclici, leggeri eppure così potenti. Mi piace questo contrasto secondo il quale per esprimere più potenza possibile si deve restare quanto più rilassati. Questa armonia è quello che naturalmente ricerco quando corro, ma è anche quello che mi ha fatto innamorare dell'atletica». e quando ero bambino qualche gara dei 200 metri vedendola a televisione e se penso al movimento penso sicuramente a questo. E se pensi a quello che è il contrario del movimento, la staticità che immagino

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courtesy Nike

Riposo

«In effetti, mi alleno 4, 5 ore al giorno, le altre 19 sono di riposo. In questo tempo bisognare fare in modo di recuperare il più possibile, con il riposo, l'alimentazione e la fisioterapia. Stare fere è importante, perché se non sai star fermo poi non puoi correre».

Mindfulness

«Tutto è governato dalla testa. Nella corsa il corpo è l'unico strumento, sei te stesso essenzialmente, te e la tua testa. Nel mio caso in particolare a volte penso di avere due persone che vivono dentro di me, non capisco quale devo ascoltare, probabilmente 0rmai convivono assieme: da una parte mi piace stare sempre tranquillo, ricerco la calma. Dall'altra sento l'adrenalina, la pressione, che è il contrario dello stare tranquilli ed è quello che effettivamente mi smuove e mi attiva e più pressione sento, più pressione mi creo. È complicato trovare un equilibrio fra questi due aspetti, ma riesco grazie ala mia famiglia e ai miei amici che mi supportano emotivamente. Molti direbbero che sono così perché sono dei gemelli, però io non credo all'oroscopo [ride, NdA]».

Nutrizione

«In quella, purtroppo, sono seguito da un esperto [ride, NdA]. Dicono che l'intestino sia il secondo cervello del corpo ed è vero. A livello emotivo, penso sia importante non finire nel maniacale. Però certo è una cosa alla quale tengo particolarmente e che curo molto perché fa la differenza».

Connessione

«Io pratico uno sport individuale, quindi all'inizio pensavo quasi non esistesse questo concetto nell'atletica. E da una parte mi piace pensare che quando si va in pista dipenda tutto da me. Se perdo è perché ho sbagliato io, se vinco è perché è stato merito mio. Poi negli anni mi sono reso conto che non si può ridurre tutto a quei 10-20 secondi di gara: la community la vivo con tutte le persone che mi lavorano attorno, che mi aiutano, che fanno in modo tale che nel momento in cui io vado in pista sono al 100%. Poi ho fatto l'esperienza della staffetta, nell'atletica noi velocisti siamo gli unici che possono correre in team. Se ci si pensa la staffetta è la massima espressione dello sport di squadra, ognuno porta il 25% del risultato finale, è matematico. Mi piace tantissimo anche il contesto: siamo in quattro che corrono, otto che componiamo la squadra, stiamo una settimana al mese assieme, condividendo la camera, i pranzi, le cene, la colazione, gli allenamenti 24 ore su 24 assieme. Si creano legami che poi ci si porta dietro tutta la vita. Poi c'è il legame con chi mi segue, che si rafforza ulteriormente quando si indossa la maglia della nazionale. Per me è importante correre per me stesso, ma anche per quelli che magari avrebbero voluto essere al mio posto ma non hanno avuto le possibilità o il talento per farlo. Perché nella corsa se sei lento ti puoi impegnare quanto vuoi ma lento rimani, io penso che in questo sport il talento faccia il 95% del risultato finale e l'impegno il 5%. Resta che quel 5% è quello che fa la differenza fra vincere e perdere. Quindi sento anche questa responsabilità per chi mi tifa e poi naturalmente mi fa piacere sapere che ci sono tante persone che mi supportano e quando incontro per strada mi dicono di essersi emozionate con me».

Cosa sogni?

«Non può essere che qualcosa legato alle Olimpiadi e anche agli Europei che ci saranno a Roma a giugno. Non riesco a pensarmi più là».