«Non un’altra mela marcia, ma lo stesso modello di ateneo», ne sono sicure le studentesse dell'Università di Torino che, guidate da diversi collettivi, in questi giorni stanno protestando contro le molestie sessuali in ambiente accademico. «Bloccheremo le lezioni», ha dichiarato l’organizzazione Cambiare Rotta, «affinché queste molestie non rimangano impunite: contro la violenza nei nostri atenei, è necessaria una nuova università in una nuova società». La scorsa settimana hanno interrotto la riunione del senato accademico, stanno organizzando proteste e appendendo sulle colonne del rettorato le segnalazioni di abusi e molestie raccolte. Non hanno intenzione di fermarsi: forse è arrivato il tempo del #MeToo delle università italiane.

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Che gli ambienti universitari siano tutt'altro che esenti da molestie e abusi sessuali è cosa nota, anche se in Italia mancano inchieste approfondite sul tema. Serpeggiano nei corridoi le voci di quel professore che allunga le mani, di quell'altro che fa proposte inappropriate e via dicendo. Ci si può basare sulle denunce che emergono ciclicamente senza, però, scalfire un sistema che si basa sulla disparità di potere e la gerarchia. A Torino tutto è partito da un questionario fatto circolare subito dopo la morte di Giulia Cecchettin da Non Una di Meno Torino, Studenti Indipendenti e dal centro antiviolenza del campus Einaudi. Sono state raccolte 138 segnalazioni di molestie o vere e proprie violenze sessuali. In particolare, negli ultimi anni, a Torino sono emersi due casi. L’ex direttore della scuola di specializzazione di medicina legale Giancarlo Di Vella è agli arresti domiciliari con diverse accuse tra cui quelle di violenza sessuale, minacce e stalking. Si parla di palpeggiamenti, battute a sfondo sessuale, veri e propri abusi che coinvolgono 5 specializzande e poi minacce e atti persecutori contro chiunque si opponesse a questi comportamenti («Se parlate vi rovino» pare sia stato l'ammonimento alle specializzande dopo l'apertura dell'inchiesta). Di recente, poi, il professore del dipartimento di filosofia Federico Vercellone è stato sospeso per un mese perché accusato di comportamenti inopportuni nei confronti di alcune dottorande dopo che sono emersi messaggi WhatsApp con battute e foto inappropriate. Lui ha ribattuto parlando di «caccia alle streghe».

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Per ora il rettore dell’università, Stefano Geuna, ha garantito la «massima attenzione ai casi che possono verificarsi, alle segnalazioni, e la necessaria intransigenza», ma alle studentesse torinesi non basta. Hanno lanciato assieme all'Unione degli Universitari l’indagine La tua voce conta per mappare a livello nazionale la percezione e la sicurezza all'interno delle università italiane (si può partecipare a questo link). «Quello con cui ci stiamo interfacciando», dicono i collettivi , «come studentesse e studenti è, oggi come ieri, un modello le cui radici producono e permettono violenza, diffusa in tutta la società e di conseguenza nelle nostre università». Per questo il problema va affrontato in modo capillare, senza limitarsi ai singoli casi. «È proprio per ribadire le responsabilità che tale modello ha che come corpo studentesco dobbiamo mobilitarci affinché l’università ammetta le proprie colpe».