La festa patronale, lo zucchero filato, le giostre, la banda che risuona per le strade assolate. Gli adolescenti alle prime uscite, le famiglie in gran lustro e quella voglia di immergersi negli incontri e nelle vite e nelle storie degli altri che diventano anche le nostre. C'è quest'immaginario collettivo nel nuovo album di Renzo Rubino, Il silenzio fa boom, fuori dal 19 aprile in digitale e in due versioni in vinile. Un disco "gentile", della tradizione. Dieci tracce che richiamano delle scene impresse nella memoria di tutti: «È il disco della nostra infanzia, della storia personale di ognuno di noi». Il silenzio fa boom è il quinto album in studio per il cantautore di Taranto, 36 anni, famoso per il suo festival estivo, Porto Rubino, una manifestazione itinerante che dal 2019 colora le estati della costa pugliese (si suona in barca o a filo d'acqua e il pubblico assiste dai porticcioli e dalle bachine, in uno scenario naturale unico e suggestivo). «È un lavoro che ho fatto con cura, dedicandogli il tempo giusto, dalla prefazione di Mario Desiati alla cover dell'album, un'opera dipinta da Vincenzo Milazzo con ritratti tutti coloro che hanno lavorato al progetto, dal produttore Taketo Gohara a mia nonna, che ha cantato nel coro».

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Quand'è che il silenzio fa boom?

«Succede quando ti rendi conto che l’emozione che stai vivendo in quel momento è così esplosiva che ti tocca. A me è capitato ad esempio quando ho tenuto in braccio per la prima volta mio nipote. Mia sorella era in ospedale, aveva appena partorito, l'avevano chiamata per fare una visita e mi aveva lasciato Samuele in custodia per due ore. Io non sapevo cosa fare, me ne stavo rannicchiato sulla sedia con questo bambino in braccio. C'eravamo solo noi due, il silenzio era assoluto eppure io potevo sentirlo. La stessa cosa mi è successa in Valle d’Itria, in un pic nic con la persona che amavo, dall'emozione sentivo la bellezza del momento. Insomma, il silenzio che fa boom è l'augurio di un'attenzione nel fermarsi e nell’accogliere il mondo ma anche noi stessi. A volta è giusto prendere fiato e capire dove si è, a che punto della propria vita».

E tu a che punto sei arrivato?

«Ho lavorato molto su me stesso in questo ultimo anno, mi sono dedicato alla ricerca dei diversi Renzo che mi abitano dentro. E ho quasi scoperto chi sono, ci sono quasi».

Si parlano questi Renzo?

«No, ognuno si fa i fatti propri! Uscendo dalla battuta, ovviamente poi sono sempre io, ma c’erano dei lati di me che non conoscevo, ci ho lavorato su e ho capito che la musica è la mia corazza, la cosa che fin da quando ero piccolo mi protegge dalle intemperie della vita, dai problemi familiari, dai miei dubbi personali. Per me la musica è un’entità suprema, alla quale io devo rispetto e attenzione perché in primis sono un musicista. Poi viene tutto il resto».

Ascoltando l'album c'è una grande idea di libertà, di fare ciò che si ama a prescindere da altre logiche. È così?

«Ho scritto l'intero album in un mese, tra la fine del 2022 e l'inizio del 2023, dopo un periodo di dubbi. Ma quando ho fatto pace con me stesso e mi sono messo al lavoro non mi sono chiesto che disco fare, è stato naturale, mi sono divertito a suonare con la Sbanda (il gruppo che lo accompagna live, ndr) senza pensare a cosa funziona. A volte mi faccio degli scrupoli, in passato ero tentato di percorrere delle strade che mi avvicinassero all’orecchio collettivo ma ho capito che ogni cosa è giusta se fatta con amore e questa è la mia musica».

Ci sono dei temi ricorrenti, la festa di paese e la ninna nanna, che torna in forme diverse…

«È un disco che riesce a parlare al lato bambino di ognuno di noi, al lato ludico delle nostre vite. Ecco perché ci sono la ninna nanna, le luci colorate, gli amori dannati legati alla carne e quelli amorevoli e dolci che ambiscono all’eterno».

Cosa vorresti dicesse chi lo ascolta per la prima volta?

«Vorrei che ci fosse della serenità. È una musica di pace, di benessere, e di passioni. Mi piacerebbe che chi lo ascolta si immaginasse d’estate, nel suo posto del cuore, la domenica pomeriggio con la famiglia a fare festa. Lo vedi il sorriso?».

Il primo singolo estratto è "Patchouli (resta)".

«È la prima canzone che ho scritto, è stata la miccia di tutto il progetto. Un brano sentimentale che parla del valore del restare. Ha molti piani di lettura, inizia dall’avvinghiarsi di un abbraccio e di come possa essere eterno quel momento. Ma rappresentala anche la forza del rimanere attaccati nonostante le avversità. È un'immagine faceva parte dei miei turbamenti di quel periodo».

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La cover di "Patchouli (resta)"

Che vita avrà questo disco in attesa della prossima edizione di Porto Rubino?

«È un album che va suonato dal vivo. Lo presentiamo il 19 all'Officina delle Arti Pier Paolo Pasolini di Roma e poi inizieremo a girare: feste di paese, sagre, ovunque ci sia occasione di celebrare. E poi ovviamente ci sarà Porto Rubino 2024 con la follia dei contesti inusuali, della musica in barca, del mare, della gente».