Un abito da fiaba e una bacchetta possono fare magie, anche se le tue ambizioni sono più simili a quelle di Leonard Bernstein (uno dei più grandi direttori d'orchestra mai esistiti) che a quelle della Fata Turchina. Sono le 22 e il Maestro Beatrice Venezi agita le braccia e scuote i boccoli dal podio, in abito da gran sera. Sotto indossa dei tacchi a spillo luccicanti. Un po' Aurora, un po' Maleficent, sprizza energia pura mentre dirige l'Orchestra Filarmonica Teatro Regio Torino, per il concerto di Natale organizzato dal Gruppo Giovani Imprenditori dell’Unione Industriale di Torino, nell'esecuzione dell'ouverture da Il Pipistrello di Strauss.

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Ventinove anni di Lucca, la terra natale di Giacomo Puccini, Beatrice Venezi è una dei più giovani direttori d'orchestra donna d'Italia e ormai ha una fama internazionale. Ha diretto in tre continenti su cinque (le manca l'Antartide, ci spiega scherzando) e quest'anno Forbes l'ha inserita tra i 100 giovani leader del futuro. Quest'anno ha pubblicato un libro e un album che raccontano la sua passione travolgente per un genere musicale che, spesso e a torto, viene considerato noioso. Allegro con fuoco. Innamorarsi della musica classica (UTET) e My Journey – Puccini’s Symphonic Works (Warner) ti faranno capire e sentire quanto la musica alta (o classica, come siamo abituati a chiamarla noi profani) può darti emozioni travolgenti. Nel suo caso un'emozione che si unita a una grande determinazione e alla vocazione per la musica che ha sentito fin da piccola, strimpellando le prime note al pianoforte, dando forma a una carriera.

L'abbiamo incontrata in un freddo pomeriggio di inizio dicembre. Fuori da teatro, in Piazza Castello, ci sono le bancarelle di Natale e nella piazzetta che fa da ingresso agli artisti, dove ci stringiamo la mano prima di salutarci, c'è appesa un'immensa Luce d'Artista. Per prima cosa le chiedo se avrà tempo di farsi un giro, ma la conversazione devia subito su temi più profondi e così finiamo a discutere di parità di genere, del fatto che è stata la prima donna a dirigere un'orchestra in abito da sera femminile in Giappone dove, prima che arrivasse lei, nessuna l'aveva mai fatto. Parliamo tanto dei modelli di riferimento per chi fa un mestiere come il suo, che è sempre stato degli uomini, a partire dalla definizione stessa di Maestro e direttore d'orchestra, termini che culturalmente non hanno un corrispettivo femminile.

Hai tempo di visitare le città in cui vai a dirigere?

"Ci provo tutte le volte. L’unica in cui non ho avuto nemmeno un giorno per visitare nulla è stato in Libano e ancora mi piange il cuore, ma quando posso mi piace visitare il posto in cui mi trovo per lavoro. Mi mancano l’Africa e l’Australia… A marzo tornerò in Giappone per la terza volta e poi di nuovo a settembre."

Tu sei stata la prima donna direttore d’orchestra a indossare un abito femminile in Giappone. Come hai fatto a rompere questa tradizione?

“Il Giappone storicamente ha una società di stampo maschilista che da sempre impone ai direttori d’orchestra un dress code maschile. Hanno provato a impormelo, ma ho fatto un lavoro diplomatico e alla fine sono riuscita a usare il mio abito femminile. Prima di me ci sono state altri direttori d’orchestra donne che al massimo hanno indossato una camicia invece della giacca.”

Perché credi che sia importante salire sul podio vestita in abiti tipicamente femminili, in un momento storico in cui c'è un rifiuto degli stereotipi e i contorni tra i generi sfumano sempre di più?

"Stiamo andando in una direzione che cerca di equiparare l’uomo e la donna: paradossalmente stiamo cercando di equiparare i due sessi sul piano biologico, dove ci sono delle differenze oggettive, mentre dal punto di vista lavorativo e dei diritti siamo ancora lontanissimi da una vera parità e quello sarebbe l’obiettivo. Questo la dice lunga anche rispetto a certe scelte che io personalmente ritengo sbagliate dal punto di vista della correttezza formale. Cambiamo il nome a una cosa e crediamo di aver risolto il problema: la reputo un’ipocrisia. Non credo che porti a niente."

È il motivo per cui vuoi farti chiamare direttore, al maschile?

"Ci sono termini che hanno un connotato culturale molto diverso rispetto al tipo di lavoro che viene svolto. La versione femminile del mio titolo, Maestro, nella nostra lingua identifica un’altra professione: maestra in italiano identifica la maestra elementare che, col massimo rispetto per questa professione, è un altro mestiere."

Per me sottolineare il genere non è una conquista, ma al contrario un modo per ghettizzare.

Sulla copertina del mio disco, My Journey sono vestita di bianco, che è l’esatto contrario dell’abito nero che si indossa nei concerti. In tante foto indossa un abito rosa: voglio essere chiamata Maestro perché è il mio mestiere, ma rivendico il diritto di essere una donna e vestirmi in abiti femminili. In Giappone è stato accettato e alla fine nessuno ha più avuto niente da ridire."

Beatrice Venezi My Journeypinterest
courtesy Warner Music

Nella musica valorizzare le differenze tra i generi porta valore? Qual è il messaggio?

"Dal mio punto di vista voler omologare a tutti i costi non porta ricchezza. Maschi e femmine sono molto diversi e per certi aspetti complementari, e proprio per questo portano questo grande valore e varietà alla musica. È chiaro che non si può generalizzare e ciascuno di noi ha una sensibilità personale, a prescindere dal fatto che sia uomo o donna, ma credo che le donne abbiano una predisposizione innata all’ascolto, anche alle necessità umane che ci sono dall’altra parte, nell'orchestra. È un approccio alla leadership molto diverso rispetto al passato, a meno che una donna direttore d'orchestra non decida di assumere un atteggiamento più muscolare per dimostrare di poter fare il direttore d’orchestra. Io, questa mentalità, la rifiuto."

Quali sono le difficoltà che può incontrare una ragazza che ha l'ambizione di fare il tuo mestiere?

"Una delle grandi difficoltà anche dal punto di vista tecnico è che non abbiamo modelli femminili di riferimento. Fisicamente abbiamo proporzioni diverse dagli uomini, un baricentro diverso e una fisicità differente: tutto questo confluisce e influisce sulla tecnica direttoriale. Come da bambini impariamo attraverso l’osmosi, per imitazione, ma di questo non viene tenuto conto nei conservatori. Raramente ho incontrato docenti sensibili a questo tema, ma più propensi a omologare."

Chi sono i grandi direttori d'orchestra a cui ti ispiri?

"Io non ho grandi punti di riferimento femminili nella direzione d’orchestra, per quanto ci siano state Eve Queler a New York o Nadia Boulanger, che è stata una pioniera a tutti gli effetti. Come reference visuale ho Leonard Bernstein che è stato un grandissimo comunicatore, divulgatore e innovatore e Carlos Kleiber, lui è la quintessenza della direzione d’orchestra per l’eleganza del gesto."


Una donna "ribelle" a cui ti senti affine?

"Elisabetta I, una donna che è stata geniale nel modo in cui è riuscita a sovvertire un sistema maschile e maschilista basato sul matrimonio: lei non si è sposata e ha regnato su uno degli imperi più grandi d’Europa."

La bacchetta è un amplificatore del gesto e un simbolo fallico a tutti gli effetti. Sono accettate le violiniste, le pianiste, le soliste, ma il direttore d’orchestra è la figura di comando. È ancora difficile smontare questa mentalità, ma non è impossibile. Io credo che si debba insistere senza rinunciare alla propria parte femminile. È una battaglia culturale che prima o poi vinceremo.

Come ti prepari a salire sul podio prima di un concerto?

"Cerco di restare il più possibile in silenzio, per far fluire il pensiero musicale, anche se è difficile perché prima dei concerti succede di tutto, quindi in realtà devi imparare a sdoppiarti: una parte si concentra e l’altra si impegna a gestire quello che sfugge al controllo, dal cameramen che ha bisogno di indicazioni al leggìo da sistemare all’altezza giusta… Nell’ora o mezz’ora prima di un concerto non puoi mai pienamente prenderti del tempo, quindi bisogna imparare a farlo."

Per avvicinarti alla musica classica

Beatrice ti consiglia il film Il Concerto. "Mi ha fatto molto sorridere e ricalca un po’ la verità". In redazione abbiamo amato la serie tv Prime original Mozart in the Jungle. Per tornare bambina guarda il capolavoro orchestrale Disney Fantasia nell’originale degli anni 40 e la riedizione Fantasia 2000.