«Un giorno l’uomo volerà». Mettere piede a Shenzhen, centro nevralgico della Silicon Valley cinese, è un po’ come entrare nella casa di Mago Merlino. Quando Semola si guarda intorno, sbircia tra i libri polverosi e resta incantato davanti a oggetti affascinanti, a lui del tutto sconosciuti. Un mappamondo, una locomotiva, persino il modellino di un aereo. Occhi sgranati, come i miei che osservano le pale di un'auto volante che girano in loop dentro una concessionaria. Sì, si può acquistare. E sì, postilla ben più importante, ha la licenza di volare.

È il piano terra di un enorme edificio affacciato su Qianhai Bay, che contiene uffici di ogni tipo. Un grattacielo in mezzo a grattacieli, mentre tanti altri sono già pronti a venir su in tempo record: cantieri ovunque, lo spazio sembra non bastare mai, disegnando un paesaggio di bladerunneriana memoria dove tutto viene riflesso, o nell’acqua o negli specchi. Premessa: Shenzhen fino a qualche decennio fa era una cittadina di pescatori, alcune decine di migliaia di abitanti, oggi ne conta oltre 13 milioni, terza come popolazione nelle classifica nazionale.

La svolta è arrivata nel maggio 1980, quando l’allora leader Deng Xiaoping - sfruttando anche la vicinanza con Hong Kong - la nominò prima «zona economica speciale» del Paese, aprendola ad investimenti provenienti da compagnie estere. Di estero, in realtà, si respira ben poco. Pagare con i circuiti occidentali è pressoché impossibile - funziona tutto con Alipay e WeChat - e si comunica il più delle volte attraverso la voce registrata di un traduttore. Si digita e si aspetta la traduzione: «How can I help you?», mi chiede la proprietaria di un market porgendomi lo smartphone.

Eccoci, ci siamo arrivati, lo smartphone. Fedele compagno di vita, qui come lì. Passeggiando è difficile trovare qualcuno che non abbia lo sguardo perso dentro ad uno schermo: c’è chi scrive un messaggio, chi scorre i social, chi è in video call, chi si guarda un film o la puntata di una serie. Con lo smartphone si fa tutto: si comunica, si lavora, ci si rilassa e - appunto - si paga. Ma come nasce questo - possiamo dire ormai imprescindibile - oggetto? Shezhen è sicuramente il posto migliore dove scoprirlo, in quanto base di alcuni colossi del settore.

Ai piani più alti di quel palazzo con l’auto volante, ad esempio, ci sono uffici e laboratori di Oppo, il gigante dell’elettronica nato del 2004 e oggi al primo posto nel mercato cinese degli smartphone e quarto a livello globale (dati del primo semestre 2023, ndr). Entro prima nel Communication Lab, dove in alcune stanze vengono simulate diverse condizioni di connessione, dal locale affollato al treno ad alta velocità, verificando inoltre che i device siano conformi ai protocolli dei vari operatori internazionali e implementando le ultime tecnologie del 5G.

Poi è il turno degli Health Lab, dove - attraverso sportivi che corrono su tapis roulant - vengono calibrati i sensori che monitorano la nostra salute e inviano poi le informazioni ai device, soprattutto durante l’attività fisica. Infine spazio agli XR Lab, che sperimentano i parametri della realtà aumentata spostando in tutte le direzioni possibili il visore, attraverso l’ausilio di un braccio meccanico. La robotizzazione è, infatti, uno degli elementi che colpisce di più, specialmente quando ci spostiamo nell’enorme campus di Dongguan, a nord di Shenzhen.



Lì, tra alloggi, mense e campi da basket, spiccano gli Imaging Lab, studi surreali in cui manichini dal volto umano si muovono autonomamente per testare le fotocamere degli smartphone in vari ambienti ricreati nel dettaglio: dal ristornante al supermercato, dalla discoteca al fast food, fino al semplice salotto di casa. Al piano superiore ci sono gli NFC Lab, con una mensola sulla quale sono esposti decine di POS differenti: immancabile il braccio robotico che simula transazioni con qualsiasi terminale di pagamento. Tutto, insomma, viene testato minuziosamente.

C’è il dito meccanico che scorre lo schermo, che preme i tasti, che apre le app. Ma la parte più interessante a Dongguan è senza dubbio la linea di produzione, dove la flessibilità e la capacità di adattamento dell’essere umano si intrecciano perfettamente con la meccanizzazione. Lo smartphone prende forma, pezzo dopo pezzo, mentre cammino lungo un corridoio trasparente chi mi permette di soffermarmi davanti ad ogni postazione della catena: in 40 minuti il device è pronto, poi mezz’ora di test per verificare che tutto funzioni e infine l’impacchettamento.



Vederlo dal vivo è sbalorditivo. Così come le prove per controllare la solidità: lo smartphone viene fatto rotolare all’interno di casse girevoli, viene fatto cadere da varie altezze e in varie posizioni, viene aperto e chiuso in continuazione. C’è perfino una stazione che verifica la risposta del device quando viene schiacciato nella tasca posteriore dei jeans e quella del cavo di alimentazione quando viene sollecitato a pressioni durante la ricarica. Poi ci sono i test con l’acqua, con l’umidità, il tutto sotto l’occhio vigile degli ingegneri che prendono appunti.

Ma il vero film di fantascienza mi si palesa davanti nella baia di Binhaiwan, dove Oppo ha da poco costruito il suo Data Center, AndresBrain, una gigantesca struttura alimentata al 100% da energia rinnovabile, che recupera l’acqua piovana dal tetto e utilizza in parte anche il raffreddamento a immersione attraverso un liquido refrigerante che migliora l’efficienza energica dei server (perché anche internet, seppur a volte lo dimentichiamo, ha un impatto ambientale). In questa specie di astronave, l’azienda lavora sull’intelligenza artificiale (AndresGPT).



In sostanza il Data Center sarà la mente che animerà l’ecosistema Oppo attraverso la propria AI e con una propria capacità di storage, solo per gli utenti cinesi. Il domani, quindi, ma senza mai dimenticare ciò che è stato: nella spettacolare Crc Tower - una rivisitazione dell’iconico cetriolo di Londra - sono esposti in bella mostra i lettori Mp3 con cui l’azienda ha cominciato la sua scalata ormai vent’anni fa. Un percorso di crescita e successi raccontato anche dall’architettura dei suo edifici: nel 2025, infatti, sarà inaugurato il nuovo mega HQ firmato dallo studio Zaha Hadid.


Più volumi in vetro e metallo, connessi tra loro, linee morbide che tendono verso il cielo. Guardo il rendering, afferro il modellino 3D e, come in un sogno, mi sento Mago Merlino. «Posso vedere nel futuro, per secoli e secoli», diceva. «E ci sono persino stato».

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Health Lab

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XR Lab

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Imaging Lab

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NFC Lab

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Imaging Lab

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AP
Il dito robotico testa lo smartphone

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Il Data Center

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La raccolta di acqua piovana sul tetto del Data Center

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Photo Courtesy
Il nuovo HQ Oppo