Non si torna più indietro. La pandemia unita al flusso continuo dei dati sul cambiamento climatico sono stati decisivi nel scuotere le coscienze una volta per tutte e impedire l'insorgere di un prevedibile calo di attenzione. Gran parte del sistema moda ha intenzione di abbracciare un approccio nuovo nel creare vestiti e accessori, brand di lusso inclusi. A qualche giorno dalla chiusura del Fashion Month se c’è una tendenza moda emersa tra sfilate in presenza, streaming e presentazioni, è la sostenibiilità. Molti designer, emergenti e non sparsi nelle quattro capitali della moda, New York, Londra, Milano e Parigi, hanno accolto nel proprio lessico formale decostruzioni e riciclo creativo, serie limitate e tinture vegetali in nome di un cambiamento, che è anche l’unica via rimasta: produrre meno e meglio con ciò che già abbiamo a disposizione. Questo è il recap green dei progetti e delle collezioni di moda sostenibile per il prossimo autunno inverno, viste e amate durante il Fashion Month.

Chi sono i brand sostenibili della New York Fashion Week 2022

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Durante la scorsa New York Fashion Week di febbraio Olivia Cheng, insieme al suo brand Dauphinette, sono stati i nomi più seguiti e quotati dell'intera kermesse. La designer di Bushwick, quartiere hip di Brooklyn, attiva dal 2018 quando di anni ne aveva solo 18, è una giovane promessa della scena creativa americana grazie a uno sguardo alla moda filtrato dalla fascinazione per l’outerwear e la sua manipolazione e, naturalmente, per la natura. Sguardo che ha portato il brand a incarnare il manifesto della rinascita di un percepito moda più autentico e contemporaneo. Sono celebri gli abiti e i gioielli Dauphinette realizzati con boccioli, fiori, frutti rossi, foglie di Ginkgo Biloba placcate o con corazze di scarabei recuperati in natura resi eterni da un bagno nella resina atossica; le giacche e i cappotti sono invece ottenuti da complessi interventi di up-cycling grazie a un ventaglio molto vario di materiali come il pvc, il cotone organico, la canapa e i tessuti riciclati. Tutto questo con un obiettivo preciso, tenere i prezzi umani, affrontabili e onesti. Cheng inoltre sostiene che adesso tutti i player della moda moda vogliono perdere parte al tavolo di conversazione sulla sostenibilità.

«Non vorrei mai annunciare troppo convinta che il mio mio lavoro sia 100% sostenibile e perfetto. Sarebbe una grandissima bugia»

Nonostante il realismo costruttivo e disincantato, Cheng si impegna, per quanto riguarda le materie prime, ad approvvigionarsi solo da realtà impegnate nel rispetto dei diritti umani dei lavoratori.

26 anni e già nel pieno della sua seconda vita. Emma Gage, ragazza originaria del Minnesota, si reinventa. Archiviati i due anni di pandemia che le hanno portato via il precedente lavoro, con Melke, nome della sua creatura moda, trascrizione di una pronuncia distorta della parola milk, è soprattutto il sinonimo di una scommessa in nome di un potente credo del fare (moda) sostenibile. La collezione di Gage si definisce gender fluid e si compone di total look liberi nelle forme, facili da abbinare, accesi da stampe e palette vivissime. La maglieria è altrettanto speciale perché realizzata in partnership con Koco, produttrice di capi confezionati a mano dalle donne dell’India più rurale: donne decise a garantirsi una sempre crescente autonomia e indipendenza economica come gesto di rottura del dominio economico patriarcale vigente nel loro paese. Falcon’s Fame, è il nome della collezione Melke moda autunno inverno 2022/23 ispirata alla rigogliosa natura verde che circonda il castello di Ashford in Irlanda. La frase mantra di Emma?

«Il passaparola e le esperienze vissute in prima persona dagli altri sono valori preziosi con cui continuare a crescere»

London Fashion Week 2022, la moda sostenibile dei brand


È considerato il master of textiles della nuova generazione di designer. Edward Crutchley, inglese, vanta un CV di tutto rispetto grazie a esperienze professionali fianco a fianco di Kim Jones da Louis Vuitton, di Claire Waigth Keller da Pringle of Scotland con le consulenze per Dior, Supreme e Kanye West a completare il quadro. Nel 2019 Crutchley è stato il primo designer a ricevere due premi dall'International Woolmark Prize nonché ad essere selezionato per il BFC/GQ Designer Menswear Fund. Nato nel 2015 con il menswear, tre anni dopo arriva il momento di presentare anche la linea donna dove non mancano sovrapposizioni estetiche queer e gotiche scelti per rappresentare l’ineludibile rapporto tra underground e mainstream. Se nella collezione autunno inverno 2022/23 di Crutchley sfilano bustier in poliestere riciclato, le lavorazioni della maglieria sono un unico cut-out praticato da un ipotetico vorace nugolo di tarme, mentre le scarpe platform chiodate sono realizzate in pelle up-cycled in collaborazione con il brand di calzature gender fluid Rocker. Tre creazioni sono poi approdate nel Metavarso sotto forma di NFT sulla piattaforma di moda virtuale Zero10.

La collezione autunno inverno 2022/23 di Bethany Williams The Hands that Heal Us presentata durante la LFW è coincisa con l’inaugurazione della mostra Bethany Williams: Alternative Systems al Design Museum di Londra, esposizione che rimarrà visitabile sino al prossimo 4 settembre. È indubbiamente un momento di grande visibilità per il lavoro della designer inglese totalmente incentrato sulla circolarità delle materie prime e, sopra ogni cosa, sul valore del lavoro di confezione dei capi da parte delle persone. Se la collezione invernale include pelle di cactus, Desserto, e capi ottenuti dalla rigenerazione di denim, le cui componenti metalliche sono facilmente rimovibili per un futuro riciclo, è la collaborazione con Mending for Good, network specializzato in soluzioni etiche del recupero di materiale stock dei brand di lusso, a dare rilevanza al processo creativo. Per l'occasione è stato eseguito dagli ospiti della comunità di San Patrignano in Italia. Dal 2017, anno di creazione del brand eponimo, Williams ha prodotto capi con il recupero di nastri adesivi, tendoni utilizzati durante i festival e libri destinati al macero.

«Raggiungere con il nostro lavoro sempre più persone per diffondere inclusività ed entusiasmo pro-attivo al cambiamento dell'industria moda è il mio unico obiettivo»

Richard Malone e la sua ossessione per la decrescita felice. Creare abiti su misura e in edizioni limitate consente di ridurre gli sprechi per valorizzare la qualità e il lavoro delle persone. Meno e meglio. Della collezione invernale presentata durante la London Fashion Week Malone ha già annunciato che il numero delle riproduzioni di vestiti draping e capospalla saranno strettamente vincolate dalla disponibilità dei metraggi dei materiali dead stock acquisiti: per lui jersey e lana merinos riciclati, pelle di gelso.

Milano Fashion Week 2022, dal calendario i brand green


L’arrivo di Glenn Martens come Direttore Creativo nel regno del denim di Marostica in provincia di Vicenza, cioè Diesel, ha rimesso al centro la portata gigantesca del jeans nel nostro lessico estetico. E la collezione invernale appena presentata ne è stata la prova madre. Alieni dalla pelle blu e rossa, insieme a urban soldier post apocalittici hanno tracciato nuove traiettorie sotto lo sguardo sognante dei loro cloni in formato gigantesco e gonfiabile sdraiati nello spazio polivalente del SuperStudio Maxi. Dai sessantanove look è emerso chiaro un approccio sperimentatore e virtuoso che Martens ha applicato con conoscenza sia sul denim che sui materiali complementari: dai primi jeans 100% riciclati realizzati in collaborazione con il produttore di tessuti green Tejidos Royo con il label name Diesel Rehab Denim ai jeans smaterializzati in vibranti filamenti destinati a ridefinire le silhouette di un nuovo concetto di pelliccia. Scarti e accostamenti azzardati di denim e jersey riciclato rendono un suggestivo effetto strappato, vissuto nel tempo, eppure ancora bellissimo.

Tra le sfilate invernali della Milano Fashion Week 2022 si sono svolte in parallelo presentazioni e workshop interamente votati alla divulgazione e alla condivisione del fare abiti secondo l’etica dell’upcycling e della manipolazione. Dagli spazi della Fabbrica del Vapore il collettivo MUST HAD ha proposto una serie di spunti moda, anche acquistabili, realizzati tramite l’impiego visionario e creativo di pregiatissimi scarti dell’industria moda e capi pre-loved. Da must-have a must-had il nome del collettivo sottolinea la necessità di un cambio di paradigma dove il desiderio di possedere e acquistare nuovi prodotti ad ogni costo si sposta verso scelte consapevoli e responsabili come il RIUTILIZZO, il REPURPOSE e il REVALUE. Sono quasi una trentina i brand presenti nel circuito refashion pronti a dialogare con una community di consumatori curiosi e consapevoli. Da Nasco Unico, atelier di blazer su misura confezionati con dead stock di lusso, a Operamia specializzata in pittura su cotone e a Culo Camicia, realtà sovversiva pronta a confezionare con camicie pre-loved favolosi boxer in cotone. C'è anche Close the Loop, selezione di capi pezzi unici manipolati internamente da MUST HAD.

SUPÉRNO di Marco De Vincenzo è il progetto con cui si è potuto apprezzare sino in fondo il valore di uno sguardo creativo davanti al pre-esistente. Il designer siciliano ha scelto di manipolare capi confezionati attraverso interventi di decostruzione, ricostruzione e decorazione. Alla collezione presentata è preceduto il libro Mondovisione (Electa), una catalogazione poetica di pezzi d'archivio del suo brand a cui è stata data una seconda chance. Gilberto Calzolari, da sempre attivo interprete della filosofia green, con la collezione invernale Ecomachìa, termine coniato dagli americani Robert Markley e Molly Rothenberg per indagare il rapporto tra cultura e natura, società e ambiente, recupera capi della seconda guerra mondiale per ripensarli e ricomporli in chiave utility e urban. Lo stile militare è al centro della manipolazione e del recupero da customizzare anche di Camilla Lorenzi e Beatrice Selini, duo dinamico dietro al brand Tu Lizé. Camo + lana crochet e ricami è il loro mix vincente.

La moda sostenibile vista alla Paris Fashion Week 2022

La sfilata di Chloé autunno inverno 2022 non è stata solo una sfilata ma un vero e proprio concentrato di intenti pro ambiente e pro umanità. Gabriela Hearst, contemporaneamente alla guida del suo brand eponimo e dal 2020 direttore creativo di Chloé, brand francese fondato nel 1952 da un’altra donna rivoluzionaria come Gaby Aghion, è riuscita nell’intento di comunicare da subito autentico ottimismo e una sincera attenzione all’artigianale e al riciclo. Portare concretamente due valori come questi all’interno di un contesto lusso come Chloé significa essere davvero decisi a cambiare la regole. Nella collezione invernale fioccano le collaborazioni sostenibili come la Gee's Bend Quilters, comunità di donne afro-americane che realizzano trapunte in un isolato paesino dell’Alabama, le cui abilità si apprezzano sui capi lavorati patchwork con tessuti di scarto; ma è l'ampiezza della visione a rendere credibile e autentico l'impegno del brand. Anche le sedie pieghevoli utilizzate per gli ospiti invitati allo show sono poi state donate a We Love Green, il music festival parigino impegnato a creare eventi a basso impatto ambientale.

«Visualizzare il concetto di ottimismo per il Clima, aiuta a mutare l’ansia del disastro ambientale in azione positiva»


Nel cuore del Marais, a due passi dal Centre Pompidou, Marine Serre ha scelto di raccontare la visione per la moda autunno inverno 22-23 dal titolo Hard Drive collection, all'interno di uno spazio multifunzionale proiettato nel futuro come Lafayette Anticipations, nuovo polo dedicato alle arti visive, al design, alla moda, alle performance e alla musica, progettato dallo studio OMA di Rem Koolhaas. All’interno della dinamica dello show c'è stato un pre-evento inteso come racconto backstage dei processi di creazione, produzione e riciclo da sempre alla base del suo modo di concepire la confezione di abbigliamento e accessori. Sarte e addetti al taglio, rigorosamente in camice bianco d'atelier, hanno svolto le loro abituali attività alle prese con tappeti, abiti pre-loved, lenzuola e scarti dead stock, sotto agli sguardi curiosi degli invitati. Rivelare il processo accorcia le distanze tra chi quei capi li crea e chi infine li indosserà.

Madrid Fashion Week, chi sono i brand sostenibili

Pluri finalista all’Who's On Next dell’edizione spagnola di Vogue e solo 10 anni fa star emergente dello spazio dedicato ai talenti EGO di Allianz, main partner della Madrid Fashion Week, Pablo Erroz è il brand eponimo di un designer dalla visione ampia e lungimirante. Dal 2012 le collezioni di abbigliamento e accessori, crasi estetica a metà tra lo street style e il lusso, sono contraddistinte da una alta qualità artigianale e non solo oggi arrivano ad espandersi verso altri ambiti in un'operazione efficace di brand stretching con l’arredo, ma conservano vivissima quella spiccata vocazione all’inclusione e alla sostenibilità degli inizi. L’ultima collezione appena presentata alla Madrid FW di marzo, Non-seasonal 22.23, ne è la conferma: ogni capo è pensato per essere genderless e trasparente grazie a una tracciabilità chiara blockchain by BlueBite con cui mettere in luce ciò che di solito di un capo non è quasi mai visibile al consumatore. I materiali sono stati selezionati secondo un ciclo vita circolare: napas, lana, cachemire, tencel, cotone, lino o maglia di seta naturale proveniente dall'isola di La Palma e realizzata a mano con telai risalenti al 1860, mentre le decorazioni sono affidate al decorativismo esotico dell’ikat maiorchino. Infine è importante sapere che non tutti i capi che hanno sfilato saranno messi in produzione: alcuni sono destinati ad essere venduti nel Metaverso nella versione NFT.

María Clè Leal, vincitrice del concorso Mercedes-Benz Fashion Week Talent nel 2015, ha impiegato gli ultimi quattro anni nello sviluppo di un progetto sostenibile local dal nome Latxa, un recupero di materie prime inutilizzate a cui dare nuovamente valore. Latxa è il nome della specie di pecora autoctona della zona di Vitoria-Gasteiz, città basca, luogo d’origine della designer, utilizzata in passato come imbottitura nobile per i materassi fatti a mano e oggi dismessa in gran quantità a causa delle nuove tecnologie di assemblaggio e imbottitura con altri materiali foam.

È diventato uno spreco, se ne accumulano circa 600 tonnellate ogni anno: così ho pensato di trasformarlo in un tessuto pregiato

Dopo molte ricerche e test, Maria e il suo staff è riuscita a modellare il primo drop del progetto, una serie di cappotti caldi a lunghissima scadenza declinati nei toni neutri classici dello stile senza tempo confezionati con sartorialità raffinata. L’idea di slow fashion si fa sempre più chiara nel percorso di María Clè Leal: i piani della designer includono continuare a indagare sull'utilizzo di questo materiale e impostare senza affanno da prestazione il proprio ritmo nella presentazione delle nuove collezioni.

Maglioni in technicolor composti come puzzle di lana, jeans patchwork ottenuti dal recupero di modelli vintage; cravatte diventate camicie e minigonne ricavate da giacche sartoriali. Lo stile upcycling di Juan VG, designer spagnolo di Valladolid, in appena un anno e mezzo è diventato l'esempio virtuoso di moda green sostenibile su cui tenere puntato il radar. Le sottoculture urbane, Banksy, Richie Culvert, la musica grunge e rave sono alla base del suo storytelling. Alla Fashion Week di Madrid ha presentato una collezione genderless ricchissima di spunti, un mash up ideale ad essere accostato e stratificato ai valori di sostenibilità e amore per la Natura che Juan possiede grazie a un nobile passato di Scout. Trattarla da amica e compagna di vita.

Fare upcycling per me significa mescolare due concetti, uno che guarda al futuro e l'altro al passato.