Quando su Cosmo è uscito l’articolo sul perché non ci sono lesbiche nello showbiz italiano, mi sono arrivati tantissimi messaggi, per lo più di ragazze omosessuali che si facevano la stessa domanda e che ci ringraziavano per averne parlato.

Poi mi è arrivato questo: “Per me essere lesbica è una figata, la mia fidanzata è una topa assurda, le mie allieve mi adorano, non ho mai avuto grossi problemi a dichiararmi, anzi!”. A scriverlo è Ella Bottom Rouge, una che dello showbiz italiano, seppure di nicchia, fa parte: è attrice, performer e insegnante di burlesque, un ciclone di bellezza mediterranea, una che va in giro per i festival internazionali a esibirsi, ed è anche cofondatrice del Ferrara Burlesque Festival.

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Daniela in arte Ella è di Messina, ha studiato teatro a Venezia e poi a Milano, ha fatto la caratterista in tv e la comica, per anni si è mantenuta lavorando nella boutique di Agent Provocateur a Milano, poi un giorno va a Londra, vede uno spettacolo di burlesque («Due donnone inglesi che facevano una gara di tassel twirling, l’arte di far girare i copricapezzoli, che è diventata la mia specialità. Erano bellissime») e decide che vuole saperne di più. Da allora sono passati tanti anni e tanto studio, e ora Ella ha creato vari show, tra cui il The Wet Show, in cui mescola comicità e burlesque e presenta Drama, una delle serate queer più importanti a Milano.

Mai avuto problemi quindi a dichiarare che sei lesbica?

«No, solo cose di poca importanza: la portinaia di casa, all’inizio, non mi rivolgeva la parola. Io dritta sempre a salutarla e a chiederle come stava, ora mi adora e mi chiede notizie della mia ex».

Questo a Milano. E in Sicilia?

«Non va così bene: quest’anno io e Giò, la mia fidanzata, andiamo lì in vacanza, le ho detto che dobbiamo limitarci un po’. Comunque questa è la mia esperienza: sono passata dalla bisessualità all’omosessualità senza problemi, mi sono fidanzata, mi sono lasciata, ci sono tante ragazze invece che hanno subito molte discriminazioni, non voglio sminuire niente».

“Per me essere lesbica è una figata, la mia fidanzata è una topa assurda, le mie allieve mi adorano"

Perché secondo te non ci sono lesbiche famose nello showbiz italiano?

«Tanti motivi: intanto gli uomini hanno sempre più esposizione di noi. Poi tante han paura di perdere consenso, oppure temono il giudizio, anche delle altre donne. Alcune ancora ci dicono che lo facciamo “per provocare”. In realtà il coming out è ancora una questione delicata: te lo devi sentire, ma se poi lo fai, dai una mano a chi ha difficoltà a dichiararsi».

Il coming out con i tuoi come è andato?

«Mio fratello non ha fatto un plissé. Quando gli ho detto che mi piacevano le ragazze mi ha chiesto perché. Gli ho risposto: “Per lo stesso motivo per cui piacciono a te”, ed è finita lì. Mia mamma non c’è più, e lei ci mise un po’ ad accettare l’idea. Mi disse: “Fossi stata diversa, più mascolina, l’avrei accettato. Ma così…”».

Intendeva che sei troppo bella e femmina per essere lesbica?

«Sì, è il solito problema dell’invisibilità delle lesbiche come me, le lipstick, le femme: siamo femminili, nessuno pensa che possiamo essere omosessuali. Cosa c'entra, poi?».

Cosa le ha fatto cambiare idea?

«Era venuta a Milano per farsi curare e stava da me. Eravamo a tavola, stavamo guardando la tv e uscì la notizia del Pulse, te la ricordi la sparatoria? (La strage di Orlando, 49 persone ammazzate e 60 ferite in un locale gay, ndr). Sono scoppiata a piangere: perché devi morire così male solo per essere andato a ballare. Lì mia mamma ha capito che era il mio mondo, che facevo parte di una comunità, ha capito perché facevo attivismo, lavoravo con il Pride, con il cinema lesbico, insomma da lì ha capito tutto».

L’essere lesbica sul palco ti ha creato problemi?

«Negli Stati Uniti la scena queer del burlesque è la normalità. Qua no, ma io comunque ammicco, faccio le battute ai signori e alle signore del pubblico, dico che l’ultimo pisello che ho visto è quello dei bronzi di Riace… Io di lavoro ballo e mi spoglio: le persone apprezzano, ridono, si godono lo spettacolo».

Nessun calo del pubblico quindi?

«Su instagram, quando ho messo una foto con la mia ragazza per il giorno della visibilità lesbica, ho perso 50 follower. Tutti maschi eterosessuali, credo. Ma chissenefrega. Invece per lo show non è cambiato nulla. Un dubbio l’ho avuto all’inizio, mi dicevo: “Certo, belle le donne, ma se poi nessuno compra i biglietti?”».

Tutti “illuminati” quelli che vengono a vedere il burlesque?

«I maleducati ci sono sempre. Una volta avevo un tavolo di cafoni: mi sono avvicinata in abito da sera e con il microfono in mano, ho chiesto chi festeggiavano, mi hanno indicato un ragazzo che si sarebbe sposato di lì a poco e gli ho detto: “È così che parli a tua moglie?”. Si sono zittiti».

Che cos’ha di speciale questa forma di spettacolo?

«Il burlesque è una celebrazione del corpo femminile, in ogni forma e modo. Lo possono fare tutte: tra le mie allieve ho donne sui 60 anni, operate di tumore, ragazze… Tutte con un grandissimo potenziale. Le vedo danzare e rimango affascinata dal loro percorso. Chi fa burlesque si prende il proprio spazio sul palco, nella vita, dappertutto. Quando fai uno spogliarello per il tuo fidanzato, tua moglie o il pubblico, sei tu che decidi quanto togliere il guanto, quando sfilarti le calze, hai tutto tu in mano. È questo che voglio insegnare alle mie allieve: possono essere chi minchia vogliono essere. E voglio che imparino che possono essere libere sessualmente. Che la loro insegnante sia lesbica che differenza fa?».

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