Il principe Harry, in alcune interviste promozionali della sua autobiografia, ha raccontato di aver scritto Spare non tanto per svelare verità incredibili, quanto per aiutare la sua famiglia d'origine a osservarsi da fuori, ad analizzare con spirito critico i fatti dell'ultimo ventennio, portandola (desiderio più utopico che mai) a fare ammenda. Missione fallita, questa, perché né il principe William né re Carlo III, principali destinatari del libro, pare abbiano deciso di leggerlo, preferendo rimanere all'oscuro delle rivelazioni e delle accuse fatte da Harry. Rimane, di questo libro dei record - è il saggio più venduto di sempre e c'è chi già prospetta il bis con l'uscita di ulteriori pubblicazioni a firma di Harry - una quantità impressionante di aneddoti sulla famiglia reale, trincerata in un silenzio risentito nelle sue fortezze, le cui fondamenta il duca di Sussex voleva minare con le sue parole.

Più di tutto di Spare rimarrà il dolore e una conta inesauribile di mali e tormenti del nostro tempo, dal disturbo post-traumatico da stress agli attacchi di ansia e panico, passando per la depressione e l'agorafobia, di cui Harry racconta di aver sofferto a fasi alterne nel corso di tutta la sua vita. Il suo racconto parte dal giorno della morte della madre Diana nel 1997 e si dipana nei decenni, fino ad arrivare ai fatti recenti che hanno coinvolto la dinastia Windsor, non ultimo la morte della regina Elisabetta,

Il disturbo post traumatico da stress, gli attacchi di panico, la depressione di Harry

"Sul finire dell’estate del 2013 ero in difficoltà, e alternavo debilitanti accessi di letargia ad attacchi di panico spaventosi. La mia vita ufficiale mi costringeva a stare sempre in pubblico, di fronte alla gente, a tenere discorsi e conferenze, a rilasciare interviste, e adesso mi ritrovavo quasi incapace di adempiere a questi compiti basilari. Poche ore prima di un discorso o di un’apparizione pubblica grondavo sudore. Poi, durante l’evento, non riuscivo a pensare, la mente dominata dalla paura e da fantasie di fuga"

Nel suo libro, il principe Harry racconta di aver sentito parlare per la prima volta di disturbo post-traumatico da stress, diretta conseguenza del lutto per la morte di sua madre e della sua esperienza nell'esercito, nel 2013, a seguito di episodi parecchio invalidanti in termini di sintomi. Nelle pagine della sua biografia, il principe racconta le mattinate in preda agli attacchi di ansia alla sola visione di un completo elegante, il suo «trigger: mentre abbottonavo la camicia sentivo la pressione salire. Mentre annodavo la cravatta sentivo la gola serrarsi. Quando infilavo la giacca e allacciavo le scarpe eleganti, avevo le guance e la schiena madide di sudore».

Poi, la paura che va in «metastasi», l'angoscia del click delle fotocamere, la paura di ritrovarsi in luoghi affollati, l'ansia del doversi mettere alla prova sul piano pubblico con persone più valide, più centrate, più in forma di lui.

"Non avevo scelta: cominciai a rimanere a casa. Giorno dopo giorno, notte dopo notte, me ne stavo seduto a mangiare cibo da asporto e a guardare “24”. O “Friends”. Penso di
avere guardato ogni singolo episodio di “Friends” nel 2013"

Il principe continua l'elenco dei suoi dolori ammettendo di aver cercato su Google la risposta alle sue domande: disturbo post-traumatico da stress, questo il responso.

"Avevo incontrato tantissimi soldati, tantissimi giovani uomini e donne affetti da stress post traumatico, e li avevo sentiti descrivere quanto era difficile uscire di casa, quanto erano a disagio tra la gente, quanto era angosciante entrare in un luogo pubblico, soprattutto se chiassoso. Li avevo sentiti raccontare che pianificavano tutto con precisione prima di andare in un negozio o al supermercato, accertandosi di arrivare pochi minuti prima della chiusura per evitare gli assembramenti e il rumore. Avevo empatizzato con loro, nel profondo, eppure non avevo mai fatto il collegamento. Non mi ero reso conto che anch’io soffrivo di stress post-traumatico"
camp bastion, afghanistan november 03 in this image released on january 21, 2013, prince harry races out from the vhr very high ready ness tent to scramble his apache with fellow pilots, during his 12 hour shift at the british controlled flight line in camp bastion on november 3, 2012 in afghanistan prince harry has served as an apache helicopter pilotgunner with 662 sqd army air corps, from september 2012 for four months until january 2013 photo by john stillwell wpa poolgetty imagespinterest
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Il principe Harry nel 2012, prima del suo ritiro dall’Afghanistan

Il percorso umano del duca di Sussex è un concentrato di malesseri psicologici che, ad oggi, sembrano non ancora opportunamente risolti: l'elaborazione del lutto materno, vissuto in modo anomalo sotto i riflettori e gli occhi del mondo, lo ha costretto in uno stato di anestesia emotiva che gli ha a lungo impedito di piangere, in un estremo meccanismo di difesa. Nonostante la posizione di Harry non stia piacendo neanche ai suoi fan della prim'ora - che lo accusano di essersi sovraesposto insieme alla moglie Meghan e lo stanno punendo in termini di apprezzamento e indice di popolarità sia in America che nel Regno Unito - Spare rimane un documento unico nel suo genere, un trattato inedito su mali e dolori, su fragilità e debolezze, un riflesso di paure e vulnerabilità in cui il lettore può facilmente identificarsi. In questa sua anima nera, brutalmente onesta e trasparente, si ritrova il valore inestimabile del libro. Che tra periodi bui e rinascite, ci racconta cosa vuol dire crollare mentre il mondo ti guarda.