Sta facendo discutere la scelta de L'Espresso, in edicola col nuovo numero dal 7 marzo, di mettere in copertina una Chiara Ferragni tramutata in Joker, foto d'apertura di un'inchiesta che punta a fare luce sull'operato delle sue aziende dopo l'avvio dell'indagine per truffa aggravata relativa alla vicenda Balocco. Come se si fosse già deciso, senza che nessun giudice si sia ancora pronunciato, che Ferragni è colpevole.

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Il tono del dibattito intorno all'imprenditrice, scatenato il 15 dicembre all'esplosione della vicenda giudiziaria che la vede protagonista, si muove da allora su un filo ambiguo: c'è chi, oltre ogni simpatia e antipatia, pensa che contro di lei sia in atto una campagna diffamatoria di estrema violenza e che a decidere dovrebbe essere solo chi di dovere. E chi è convinto che le accuse siano meritate. L'influencer, in due recenti interviste (una rilasciata al Corriere della Sera, l'altra a Fabio Fazio a Che tempo che fa) concordate per rilanciare la sua immagine, ha convinto poco l'opinione pubblica, che oggi pare non credere più (o meno di prima) alla sua buona fede in merito al pandoro gate. Opinione legittima, quella che porta a distanziarsi da un personaggio che poco risponde al proprio ventaglio di valori, alla propria etica o ai propri interessi, che però può diventare illegittima quando presuppone un giudizio da cui scaturisce anche odio.

E così il dibattito online e offline sulla questione si muove tra il linciaggio e la beatificazione: un equilibrio, per le vicende divisive com'è quella in cui è coinvolta Ferragni, non sembra possibile.

Non importa dunque che Ferragni stia simpatica o no, che la riteniamo una improvvisata con una grande fortuna tra le mani o una professionista che ha sbagliato: l'opinione più diffusa è che, in questa faccenda, l'imprenditrice sia diventato un bersaglio, emblema di un certo modo di essere influencer, fare imprenditoria, esporsi sui social. Senza dimenticare però che il tribunale (quello vero) non si è ancora pronunciato.