Ci sono quelli che dalla vita sanno esattamente cosa vogliono e poi ci sono tutti gli altri, schiere di anime in crisi che vagano alla ricerca di uno scopo tra tentativi ed errori, fallimenti e traguardi. Antonia fa parte - come tanti di noi - della seconda categoria: la conosciamo mentre spegne 33 candeline su una torta che dovrebbe catapultarla nella sua esistenza da adulta e poi la ritroviamo con in mano una diagnosi di endometriosi, una storia importante andata in pezzi e una carriera, quella di attrice, che non decolla.

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Courtesy Amazon Prime Video//Amazon Prime
Una scena di Antonia, su Amazon Prime Video dal 4 marzo in sei episodi

Antonia è una nuova serie di Prime Video in streaming dal 4 marzo: l'ha ideata l'attrice e autrice Chiara Martegiani che, con il linguaggio della leggerezza propria del dramedy, ha restituito al pubblico il ritratto di una donna irrisolta e incasinata eppure buffa, ironica e onesta. Una novella Fleabag, personaggio iconico creato da Phoebe Waller-Bridgelei è un un mito», dirà più volte nel corso della nostra chiacchierata citando la sceneggiatrice britannica), piena di fragilità e paure. Antonia è autentica soprattutto nel racconto della sua endometriosi, malattia silente e invalidante di cui soffrono 3 milioni di donne solo in Italia. Tra queste c'è anche Chiara. «L'hanno diagnosticata anche a me mentre lavoravo al progetto. E così la malattia è diventata il motore del cambiamento di Antonia com'è stato per me».

Trentasei anni, una carriera iniziata nel 2006 nella scuola televisiva di Amici e poi fiorita sui set di film come Un gioco da ragazze, Meno male che ci sei e Cronaca di una passione, nel 2018 Chiara ha brillato nel film Ride, esordio alla regia di Valerio Mastandrea, suo compagno anche nella vita. Per Antonia l'attore romano (che nella serie interpreta anche Manfredi, il compagno della protagonista) ha firmato anche la direzione creativa. La serie in sei episodi è diretta da Chiara Malta e prodotta da Fidelio e Groenlandia (società del gruppo Banijay) in collaborazione con Prime Video e Rai Fiction: nel cast ci sono anche Barbara Chichiarelli, Emanuele Linfatti, Leonardo Lidi e Chiara Caselli. Di questo universo di cambiamento, dolore e rinascita abbiamo parlato con Chiara Martegiani, ideatrice e volto di Antonia.

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Chiara, l'idea di questo progetto è tua. Qual è il processo creativo dietro Antonia?

«Ho iniziato a scrivere prima del Covid, poi nel frattempo è arrivata la pandemia e sono diventata madre (del piccolo Ercole nato nel 2021, figlio di Chiara e di Mastandrea, n.d.r.). Tra l'avvio dell'idea e la produzione sono diventata un'altra persona e la mia vita è cambiata. Ma l'idea di fondo è rimasta la stessa degli esordi: volevo raccontare una donna in crisi, riflesso della me trentenne: in quel periodo avevo intorno solo gente sicura di quello che desiderava, mentre io mi sentivo persa. Poi ho capito che non ero la sola a sentirmi così, è una crisi generazionale. Alla scrittura ci sono le bravissime Elisa Casseri e Carlotta Corradi che, come me, hanno messo pezzi della loro vita nella sceneggiatura. Poi mi hanno diagnosticato l'endometriosi ed è così che la malattia è entrata anche nella vita di Antonia».

Che tipo è Antonia?

«Antonia è una donna a tratti sgradevole, egoista, fredda e ironica. Ma quando mette in discussione la sua vita e le viene diagnosticata la malattia diventa chiaro che il suo schermo emotivo è molto influenzato dal dolore fisico che fino a quel momento ha provato senza sapere perché. Così inizia la sua crescita e comincia a capire più cose di se stessa. L'endometriosi è una metafora di questa resistenza che Antonia ha nei confronti delle fragilità: più prova dolore, più tende a chiudersi e a essere ostile anche con chi la ama».

Antonia si ritrova con questa diagnosi di endometriosi in mano e anche davanti a un bivio: menopausa anticipata o figlio subito. Una situazione brutale.

«C'è tanto di me in quella scena, perché mi è successa la stessa cosa che è capitata a lei: quando mi hanno diagnosticato la malattia mi è stato detto di sbrigarmi a fare un figlio, che non avrei avuto tanto tempo per rimanere incinta. Mi sono dovuta confrontare con questo pensiero anche se non ero pronta».

Parlare di malattia non è mai facile, soprattutto al cinema e in tv. In Antonia avete scelto di sfruttare il linguaggio serrato e brillante del dramedy. È stato difficile?

«In questo sono state molto brave le autrici, che hanno saputo impostare un linguaggio e un tono di voce sì leggero ma mai sminuente per chi soffre della stessa malattia. Io ho sempre immaginato Antonia attraverso la lente dell'ironia, anche se al centro della narrazione c'è un forte malessere della protagonista, che permette allo spettatore di provare empatia col personaggio. Quindi non potevamo raccontarla che in chiave dramedy. Ma del dolore di chi soffre di endometriosi c'è tutto: il fatto di non essere ascoltata, di vedere la malattia e la sofferenza minimizzate, gli approcci bruschi di certi dottori in fase di diagnosi».

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Fabio Lovino
Foto Fabio Lovino Look Giorgio Armani Styling Sara Grittini Hair Silvio Panico Make up @giovanni Pirri Simone belli agency

Nel pieno della sua crisi, Antonia inizia a fare psicoterapia. Un percorso pieno di resistenze in cui si riconosceranno in tanti. Tu che rapporto hai con la terapia?

«La differenza sostanziale tra me e Antonia è che lei continua a fuggire, inizia le sedute col terapista senza crederci tanto e prendere il suo percorso sul serio. Poi, crescendo e cambiando, imparerà a capire grazie ai suoi terapeuti qualcosa di sé. A differenza sua io sono più decisa, quando ho deciso di iniziare un percorso di psicoterapia l’ho fatto con grande convinzione».

Che progetti hai dopo Antonia?

«Sto lavorando a nuove idee: l'esperienza con questo progetto mi è piaciuta tanto, ho lavorato attivamente con le sceneggiatici portando il mio punto di vista e la collaborazione è stata molto creativa. Bello è stato condividere questo cammino con Valerio, anche se in modo diverso dall'esperienza di Ride. Insieme lavoriamo bene, ci divertiamo, ho molta stima e fiducia in lui. Però ora sento il bisogno di andare per la mia strada. E non solo come attrice».