Eravamo quelli dell' "Andrà tutto bene" e del rimettere in fila le priorità, dando maggior spazio alle proprie emozioni e ai propri bisogni. Ce l'aveva insegnato la pandemia, che a lungo ci ha tenuti lontani dalle persone care, dai divertimenti e dai viaggi. Oggi che quel periodo è un ricordo sfumato - il distanziamento e il coprifuoco sembrano lontani secoli, ormai - cosa è rimasto di quelle emozioni provate durante l'emergenza? Prendiamo la JOMO, la "Joy of missing out", quella tendenza a distanziarsi dalla vita sociale o comunque dalle occasioni di interazione a tutti i costi, che ben si contrappone alla FOMO, la "fear of missing out", quindi la paura di rimanere fuori dagli eventi e dalla vita che scorre.

In pandemia e subito dopo, la JOMO era il sentimento prevalente: avevamo rimesso in circolo bisogni e desideri primari, pronti a rivedere amicizie e aspettative. Perdersi cose che prima sembravano vitali - eventi, feste, incontri - pareva essere l'unica via possibile per ricalibrarsi e imparare a scegliere cosa fosse davvero importante. Oggi, però, a pandemia finita, quel sentimento sembra essere andato perduto: alcuni ricercatori della Washington State University hanno persino condotto una ricerca per capire se ci fosse vera gioia nella JOMO, oppure solo una parvenza di serenità non a lungo termine.

Il risultato, ottenuto grazie a un sondaggio somministrato a oltre 500 persone di estrazione sociale e sesso diverso, è che la JOMO, ovvero quella capacità di dire di no agli eventi o agli amici senza rimpianti che, appena due anni fa, sembrava essere la direzione definitiva delle nostre vite sociali, non fa che aumentare i livelli di ansia e anche quelli di solitudine. In tanti, infatti, hanno risposto di non riuscire più a combattere con decisione la FOMO, quindi la paura di essere tagliati fuori, con la leggerezza di un tempo. Non tanto per reale voglia di fare, quanto per evitare di ritrovarsi soli.

Appena pochi mesi fa, in dicembre, l'Oxford Dictionary aveva decretato la parola dell'anno: "goblin mode". Una sorta di elogio dell'imperfezione che, ancora una volta, doveva rimettere in cima alle priorità l'essere autentici, non la necessità di apparire. La tendenza, però, potrebbe a breve subire una marcia inversa. E la domanda che dobbiamo porci è solo una: abbiamo più paura di rimanere soli, oppure di non riuscire a capire cosa vogliamo veramente?

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Giovanna Gallo

Da un decennio, per lavoro, scrivo di famiglie reali, psicologia, attualità e cultura pop, oscillando tra il web e la carta stampata. Il destino vuole che la mia professione coincida con una passione, quella per il giornalismo di costume, nata quando avevo sei anni, che male non fa. Quando non scrivo chiacchiero molto, guardo serie tv, mi sposto tra la Calabria (dove sono nata) e Torino (dove vivo) e ripenso nostalgica agli anni Novanta.