Ogni aspetto della nostra vita, dal rapporto quotidiano con la tecnologia e il progresso scientifico fino alla preoccupazione per l’emergenza climatica che coinvolge il pianeta, ci costringe a pensare al futuro con una certa frequenza.

Forse non abbiamo ricevuto dai nostri predecessori un mondo tra i migliori possibili ma guardiamo a ciò che verrà escogitando modi sempre nuovi per tramutare l’incertezza in speranza. Rifuggiamo l’autocommiserazione, vogliamo poterci dire propositivi.

Siamo la prima generazione che per decidere di compiere un’azione ne esamina sistematicamente le possibili conseguenze e se ne assume le responsabilità. Guardiamo avanti, ma solo dopo aver fatto tesoro di ciò che ci lasciamo alle spalle. Ci chiediamo tutti i giorni che persone vogliamo essere ma soprattutto chi saremo e che cosa lasceremo a chi verrà dopo. Perché vivere nel presente quando possiamo abitare, fin da subito, anche il futuro?

Naska, artista

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«Di “God Save the Queen”, una delle mie canzoni preferite dei Sex Pistols, mi sono rimaste addosso le parole “no future”, che ho tatuato sul mio fianco destro e che sono finite anche nel ritornello del mio pezzo del 2018 “Punkabbestia”. Una constatazione ma soprattutto un monito, per me e per chi mi ascolta, ad andare nel mondo e impegnarsi per dare forma al proprio domani. C’è un altro testo che ho scritto dov’è presente un riferimento a questo tema ed è “Mai come gli altri”, singolo estratto dal mio ultimo album “La mia stanza”, uscito nel 2023. Mi interessava trasmettere l’idea, in cui credo fermamente, che il futuro valga la pena di essere vissuto solo se decidiamo di essere noi stessi, senza riserve e senza desiderare l’approvazione di nessuno. Proprio come faccio io».

Martina Socrate, content creator e presentatrice

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«Futuro è una parola a me molto amica perché io vivo nel domani: trascorro e progetto tutte le mie giornate pensando a quel che sarà. Mi preoccupo sempre di agire in modo tale che la me più grande possa essere fiera di tutto ciò che ho fatto. Conduco le mie azioni pensando a quali conseguenze avranno sia in termini di lavoro che di relazioni. Con il futuro ho quindi quella che si può definire una certa confidenza e, anche se non posso prevedere cosa succederà, ho imparato ad apprezzare il valore delle sorprese e a fronteggiare gli imprevisti. Quando il destino ha in serbo per me qualcosa di sgradevole cerco di capire (mentre percorro una valle di lacrime dal momento che mi sfogo piangendo) quale sia lezione da imparare, ne prendo consapevolezza e mi accorgo che anche la sfiga più grande, se vissuta in maniera consapevole, si rivela essere una preziosa opportunità».

Livio Ricciardi, consulente sessuale e divulgatore

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«Mi chiedo quale sarà il futuro dell’affettività. I social e la rottura di tradizioni scomode e pregiudizi, pur essendo delle cose potenzialmente bellissime, hanno inevitabilmente avuto un impatto sul nostro modo di vivere le relazioni. Questo non vuol dire che l’amore sia finito, morto o impossibile, ma che è semplicemente diverso e figlio di questioni nuove da quello che abbiamo conosciuto nei racconti dei nostri nonni. Come con tutto ciò che riguarda il futuro, l’affetto e il sesso li possiamo considerare elementi di vita da esplorare, in cui conoscersi, in cui ballare, soffrire, e cercare di migliorare ogni giorno un po’ di più. Perché oggi l’amore è meno impacchettato, un po’ più condizionato e più propenso a finire, ma è pur sempre amore, e vale la pena farne esperienza. Magari così lo racconteremo ai nostri nipoti».

Nogaye Ndiaye, autrice

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«Il concetto di futuro ha sempre evocato in me una combinazione di timore e speranza. Il timore è quello che certi meccanismi continuino a ripetersi, la speranza è di abbracciare un domani in cui la diversità di pensiero sia valorizzata e le politiche siano orientate davvero al benessere di tutti. Sogno un avvenire in cui le persone non siano più discriminate e che tutti possano essere considerati come individui. Desidero un contesto in cui ci si possa esprimere e sviluppare il proprio interesse senza essere costantemente obbligati a portare il peso del sistema educativo stabilito per opprimere. Un futuro in cui la parola “diversità” non sia un limite, ma una risorsa che arricchisce il tessuto sociale, che consente a ogni singola persona di contribuire pienamente alla costruzione di un mondo che non solo si dica equo e inclusivo, ma che lo sia veramente».

Elisa Maino, content creator

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«La parola futuro rappresenta sempre un punto interrogativo nella vita di ognuno di noi. C’è chi la associa al conseguimento di determinati obiettivi di vita, chi alla realizzazione professionale alla creazione di una famiglia. Questa è sempre una domanda che spaventa, soprattutto i ragazzi giovani come me, poiché ci creiamo aspettative spesso dettate dal contesto esterno e non ci sentiamo liberi di immaginarci davvero realizzati e felici tra qualche anno. Anche per me non è semplice immaginarsi la parola futuro, con le sue sfide e le sue opportunità. A oggi mi sento di dire che definisce tutto ciò che sto costruendo passo per passo, giorno dopo giorno, sia a livello lavorativo che nei rapporti con le persone. Il mio obiettivo è agire nel presente in maniera lungimirante, godendomi ogni momento».