Qual è il segreto del talento? Come si trova, ma soprattutto, come si coltiva per evitare che a un certo punto si disperda? Si tratta dell'insieme di domande a cui i migliori Master presenti sul territorio nazionale e non solo provano a rispondere da tempo, permettendo a numerosi studenti di riuscire a trasformare un obiettivo in una carriera lavorativa reale. Un tema di cui abbiamo parlato con Annamaria Tartaglia, direttore scientifico e coordinatrice del Master Luxury & Fashion Management della 24ORE Business School, dedicato a fornire le competenze economiche e gestionali tali da inserirsi nel settore del lusso e della moda, per giovani laureati e laureandi in facoltà economiche e umanistiche. Giunto alla sua 22°esima edizione, con 6 mesi di stage garantito e legato ad aziende quali Armani, LVMH, Swatch e molte altre, è uno degli esempi di come la cura per le soft skills (tutto ciò che va oltre le competenze tecniche) possa fare la differenza.

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    «Far emergere ispirazioni, fornirle, stimolare il lavoro di gruppo o la capacità di problem solving. Sono elementi spesso ritenuti marginali eppure fondamentali per il raggiungimento di un obiettivo lavorativo, nella moda e non solo», spiega Tartaglia, con esperienze manageriali in aziende quali Trussardi e Ferragamo in qualità di Global Marketinge Communications Director, Superga e Value Retail come Chief Marketing,Brand & Communications Officer, e ora impegnata nello scouting, mentoring e formazioni dei talenti più giovani.

    Ma di cosa parliamo quando parliamo di "giovane talento"?

    «Ci riferiamo a qualcuno che ha curiosità, entusiasmo, voglia di fare. Che sia alla continua ricerca di un miglioramento personale. È qualcuno che alle volte non è nemmeno consapevole di essere tale, perché se ci sono persone, anche giovani, che sopravvalutano e loro capacità, esiste anche chi soffre della classica sindrome dell’impostore, non rendendosi conto del patrimonio che ha a disposizione. Ma bisogna saper grattare sotto la superficie, riconoscere la struttura e formarla. E in tutto questo serve l’umiltà giusta da parte dei più giovani, nel senso di porsi nella condizione di voler capire e sapere che si tratta di un percorso di crescita continuo».

    In che modo un master può essere fondamentale nel formare questa struttura?

    «Con un duplice aspetto. Prima di tutto aiutando gli studenti a capire che questo è un ambiente simile a quello lavorativo, dandogli proprio questa dimensione. A ciò si unisce l’accompagnamento, dedicato alle loro hard skills ma anche alle soft skills, li si mette in contatto con aziende che magari non sono grandi realtà, come il mondo delle startup e dell'innovazione, conducendoli verso territori che per primi non conoscevano e facendo in modo che possano portare fuori tutto quello di meraviglioso che hanno dentro. Al di là del dargli gli strumenti, vogliamo far capire loro cosa sia la prospettiva futura e dove va, quindi, il mondo del lavoro».

    Il percorso di formazione si conclude con il master?

    «Assolutamente no. Per gli studenti dovrà essere una formazione continua soprattutto in un momento come questo dove ruoli mansioni e posizioni cambiano costantemente. C’è più mobilità, richiesta ed evoluzione. E loro devono essere preparati a tutti questi cambiamenti molto più rapidi, non tanto in termini di disponibilità e tempo, ma nell’approccio diverso. Una questione di mindset».

    Il mondo del lavoro oggi richiede trasversalità su più fronti. Ma cosa cercano i giovani, invece, in questo mondo?

    «Qualcosa che li appaghi e li renda felici. Che dia loro visibilità, li faccia crescere velocemente, consenta di avere un bilanciamento tra vita e famiglia. Ma cercano anche purtroppo qualcosa che si possa ottenere subito, senza comprendere che invece c'è sempre bisogno di sperimentare. Serve il giusto tempo per non bruciare ogni cosa e non bruciarci. Si può imparare da tutto. Noi, per esempio, siamo qui anche per insegnare ai ragazzi che molte carriere partono da lavori più umili e che è necessario avere una visione orizzontale, avere occhi laterali per vedere quanto di tutto quello che sta intorno a un mestiere ci possa aiutare».

    Ci troviamo in un momento storico in cui l'offerta formativa, soprattutto in relazione ai Master sparsi in tutta Italia, ha raggiunto livelli notevoli. Come elemento di distinzione, quanto conta seguire gli studenti?

    «Ci sono cose che sono trasversali a tutti ma la cura per ognuno degli studenti è legato al suo percorso, per questo nel nostro Master c’è una grande attenzione da parte del placemant, ambizioni, desideri. Seguire ha a che fare con la sfera personale. Aiutarli e accompagnarli a scoprire quelle che sono le loro caratteristiche è l'unica cosa che può fare davvero la differenza. Sia durante lo stage, e non è un caso che i progetti presentati alle aziende con cui lavoriamo sorprendono sempre i brand per la professionalità, molto distante da un mero esercizio scolastico, sia successivamente. Dopo lo stage ci siamo ancora, ci siamo nell’aiutarli a cambiare se vogliono cambiare, ci siamo anche nel percorso degli anni successivi, tanto che la cosa che ci rende molto orgogliosi è che molti dei nostri studenti hanno posizioni di un certo rilievo e vengono a raccontarci le loro testimonianze. Io rimango in contatto con tanti di loro, mi chiedono dei consigli anche se magari sono passati anche 10 anni, ma è importante rimanere disponibili all'ascolto e al confronto».

    Quali sono al momento le professioni più richieste nel suo ambito?

    «C'è una grande richiesta per la parte di merchandising, marketing, soprattutto nella comunicazione del brand con attenzione a quello che è digitale e social. Richiesta nell'e-commerce e anche per professioni più gestionali, che gli studenti con alle spalle studi in ingegneria gestionale possono intraprendere. Ce anche domanda, da parte del mercato, per il settore del retail, dove però facciamo più fatica a far comprendere ai ragazzi il beneficio che ne possono trarre, considerando che proprio lavorare in negozio permette di capire le politiche del brand. A questo si aggiunge la richiesta di crm [la gestione delle relazioni con i clienti, ndr], database e in generale ambito analitic0».

    In qualità di talent scout, quali sono i criteri con cui si riescono a individuare le caratteristiche tali che determinano un giovane talento, come detto all'inizio?

    «Partiamo dal presupposto che fare scouting vuol dire vedere ogni anno centinaia e centinaia di persone. Da lì a dire quanti effettivamente sono talenti e su quali bisogna lavorare diventa complesso. A volte diventa difficile riuscire a portare alla luce i percorsi e le caratteristiche. Io tendo a fare domande molto poco tecniche e più personali, hobby, interessi, sogni, aspirazioni. Tutto parte dal mondo che abbiamo dentro, se abbiamo una personalità o meno. Perché poi, tanto, il talento si coltiva. Bisogna lavorare e completare questo percorso, avendo la lungimiranza nel non immaginarsi solo nel qui, ma con una proiezione nei prossimi 5 anni. Di noi stessi ma soprattutto nei nostri sogni».