Quello della violenza economica è un tema estremamente delicato, da maneggiare con la stessa cura che si riserva a qualsiasi altra forma di sopraffazione. Quando si parla generalmente di violenza spesso il pensiero corre alla violenza fisica, terribile problematica che necessita di essere sradicata dalla società. Qualunque forma di abuso dovrebbe essere guardata con la stessa attenzione, in quanto per chi la subisce è fonte di sofferenza, e dunque costituisce un problema da risolvere urgentemente.

A tal proposito, la violenza economica non fa di certo eccezione. In questo articolo, un piccolo ritratto sull’argomento comprensivo di alcuni esempi di prevaricazione in ambito domestico.

Cos’è la violenza economica

Sintetizzando, la violenza economica è un atto o un comportamento che procura un danno economico a una persona condizionando negativamente le sue capacità di conquistare, adoperare o conservare risorse finanziarie. La sensibilità che trattare questo argomento richiede pare subito evidente, in quanto si tratta di un tema che conduce chi ne parla a porre l’attenzione su due questioni in particolare. Da una parte c’è la disponibilità economica di ciascuno, argomento spesso tabù, dall’altra il tema della prevaricazione interna al nucleo che più di ogni altro dovrebbe essere sinonimo di rispetto e reciproco sostegno, ovvero quello familiare.

In una famiglia è possibile scegliere di distribuire equamente i medesimi compiti, oppure di farsi carico in misura maggiore di una parte di ciò che serve alla vita comune per procedere serenamente. Per iniziare a fare qualche esempio pratico, ci sono famiglie in cui entrambi i componenti della coppia lavorano e altre in cui si è deciso di comune accordo che soltanto uno dei due lavori, con l’altra metà maggiormente coinvolta, ad esempio, nell’esercizio delle mansioni domestiche.

Si tratta in entrambi i casi di scelte assolutamente rispettabili, che per ritenersi però vere e proprie decisioni devono certamente essere state compiute liberamente. Quando c’è libertà di scelta, non c’è violenza economica, questa libertà deve percorrere qualsiasi aspetto della dimensione economica che appartiene all’individuo. Inoltre non deve essere esercitata alcuna sopraffazione che limiti la persona in una sua qualsiasi scelta di vita.

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Quando è violenza che procura danno economico?

La violenza economica è in grado di comportare non soltanto danni strettamente economici, ma anche di tipo esistenziale e morale. In tema di esempi di violenza economica, ci sono purtroppo ancora oggi nuclei familiari nei quali chi considera sé stesso il “capofamiglia” esercita un’interferenza nella libertà degli altri componenti della famiglia stessa.

Accade che vengano posti dei limiti rispetto alle scelte professionali o di studio, arrivando addirittura a disporre dei veri e propri impedimenti alle decisioni e alle attività che possono concorrere a sviluppare autonomia economica. Va da sé che ciò si traduce in una gestione finanziaria totalmente accentrata su chi lavora, sebbene contro la volontà delle persone che sono a lui connesse dal legame familiare.

A essere scoraggiate o impedite possono essere non soltanto potenziali miglioramenti della condizione economica individuale, ma anche l’adozione di strumenti che consentono di esercitare un controllo delle finanze come il possesso di un conto corrente, di una carta di credito o di un’automobile.

È chiaro dunque che oltre l’acquisizione di risorse economiche, la violenza può coinvolgere anche il libero utilizzo di quelle che già sono in proprio possesso. Può succedere inoltre che vengano richieste insistentemente delle firme su dei documenti fino ad arrivare a pretenderle, e che chi subisce violenza economica si trovi di fronte a dei veri e propri ricatti psicologici.

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Esempi di violenza economica: una possibile escalation

Il fenomeno di violenza economica è in genere protagonista di una escalation, ovvero non si presenta immediatamente nella sua forma più dirompente, ma ha inizio in modo che può essere considerato piuttosto sottile. Generalmente tale sopraffazione comincia con l’esercizio del controllo esclusivo di quanto concerne la sfera amministrativa del nucleo familiare, a partire dalla gestione del conto bancario cointestato esercitata soltanto da uno dei partner e da decisioni non condivise in materia di investimenti.

È possibile individuare poi una seconda fase in cui il controllo si estende all’intero budget familiare, con chi lo detiene che fornisce una sorta di “paghetta” periodica al partner. Una fase successiva può comportare limitazioni rispetto all’uso di tale sorta di compenso periodico, con l’impossibilità da parte della metà della coppia oggetto di violenza di disporre di una carta di credito. Infine si può assistere a una dilapidazione del capitale familiare o del conto corrente familiare in vista di una separazione.

Le conseguenze di questi comportamenti, sia di tipo materiale sia di carattere psicologico (per fare un esempio pratico, la condizione di isolamento nella quale si rischia di precipitare) possono essere certamente molto severe. Per questa ragione è importante informarsi rispetto a quali siano i rischi che si corrono nel delegare il proprio sostentamento economico, in modo da prendere decisioni libere e consapevoli tutelandosi al meglio.