Dopo la sua partecipazione come concorrente al programma di Alessandro Borghese Quattro Ristoranti, la titolare del ristorante "Il Rigoletto’ di Mantova, Ekla Visconti, è stata inondata da critiche negative, commenti carichi d'odio e minacce. Una situazione che è andata talmente oltre da richiedere la sospensione del profilo TripAdvisor del locale, preso di mira da decine di utenti incattiviti e da recensioni fasulle.

«Non dormo da due notti», ha detto Visconti che, durante la partecipazione al programma, si è lasciata andare a commenti taglienti nei confronti dei suoi avversari attirando così le ire del pubblico. Antipatia, questa, che rimane comprensibile e accettabile se questa non trascende i confini della buona educazione e della legalità. Ma se un tempo le reazioni a ciò che si vedeva in tv o i commenti ai fatti dell'attualità rimanevano confinate nel salotto di casa propria, oggi l'amplificazione social garantisce a chiunque non solo di dire la propria, ma anche di avere conseguenze dirette sul benessere e sulla serenità del bersaglio di quei commenti. Per la maggior parte dei casi restando totalmente impuniti. Il caso della ristoratrice di Mantova di Quattro Ristoranti è emblematico, dato che gli haters sono arrivati a minacciare lei e la sua famiglia e a impattare sulla sua attività. Ma le situazioni limite come questa, tutte fiorite sui social, ormai si contano a fatica.

Odio in rete e conseguenze fatali

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Dopo settimane di recriminazioni e accuse, lo chef e personaggio televisivo Lorenzo Bigiarelli ha pubblicato un video su Instagram in cui ha annunciato che non tornerà nel programma di Rai Uno È sempre mezzogiorno! di cui era, fino a poco tempo fa, ospite fisso. Bigiarelli è uno dei nomi più noti citati in merito al caso Giovanna Pedretti, la ristoratrice di Lodi che si è suicidata all'indomani di una shitstorm di cui è stata protagonista insieme alla sua pizzeria: Bigiarelli, insieme ad alcuni giornalisti, aveva fatto debunking di una recensione pubblicata da Pedretti e per la quale la ristoratrice aveva avuto grande risonanza mediatica nei giorni precedenti alla sua morte. «Vedo la recensione, mi sembra falsa e lo scrivo, avendo però cura di censurare il nome della pizzeria, quello della titolare e pure l’ubicazione. Questo perché il senso di fare debunking non è quello di smentire o esporre al pubblico ludibrio una persona comune, come è stato spesso scritto in questi giorni, ma è smontare una notizia, specie se di diffusione nazionale e criticare l’operato della stampa quando si alimenta di notizie non verificate, monetizzandole con i click su articoli che possono facilmente indignare», ha detto Bigiarelli nel suo video. Ospite del programma Prima di domani, lo chef ha poi aggiunto: «Mi occupo di comunicazione di ristoranti da anni e volevo raccontare un fenomeno che è quello del mancato passaggio intermedio di verifica delle fonti. In questo caso che riguardano una recensione, una campagna pubblicitaria e la loro migrazione diretta, senza filtri alla stampa nazionale. E questo è l'unica cosa che ho da dire sul caso perché mi sembrerebbe indelicato per la signora Giovanna Pedretti».

La signora Pedretti, dopo essere stata osannata da stampa e lettori, era finita nella bufera con l'accusa di aver sfruttato una finta recensione per fare pubblicità al suo locale. Una situazione che, secondo la famiglia, l'avrebbe portata al suicidio. Ancora una volta il filo sottile che lega social e vita vera si è spezzato, questa volta (e, purtroppo, sappiamo già che non sarà l'ultima) con conseguenze letali e irreparabili. Fare debunking è un diritto e un dovere di chi fa informazione, ma non sempre il risultato di questa ricerca finisce nelle mani di chi ha strumenti per valutare con spirito critico ciò che vede in tv o legge sui giornali. I casi di cronaca e attualità che raccontano in modo (troppo) ricorrente le conseguenze dell'hating online lo dimostrano.