Ce ne dobbiamo fare una ragione. La vittima è il banco che vince sempre. Se pure fosse rimasto qualcuno: un autore di musica o scrittura leggera, un elettricista di buonumore, una malata di appendicite che si è fatta curare bene e ha una vita normale, s’arrenda. Lasci stare. Si proclami vittima.

S’è capito cosa vende. Che sia trucco profumo libri o magliette. Il poverocristo ferito a morte. Vi giuro, vi giuro che può appellarsi alla pietà del mondo anche un ricchissimo aristocratico Windsor dedito a femmine e spassi.

Possiamo farcela tutti, credetemi.

Figli di genitori incapaci, figli di divorziati, figli di padri assenti e mamme troppo presenti, eterosessuali, omosessuali e fluidi, impiegati scontenti, cornute, cornute e mazziate, fidanzate di stronzi, dolori mestruali. Ti fanno la tessera di vittima pure se sei un liceale che non studia e piglia quattro per stare sui social. Ok anche non realizzati col lavoro, in ritardo all’università, gente che non riesce ad affittare casa a Milano e partite Iva che si lamentano che il lavoro è poco.

L’eroe è raro, la vittima no. Fai la vittima! Incassi sicuri. Spare, l’autobiografia di Harry, ha venduto quasi mezzo milione di copie in un giorno. Conviene, conviene eccome. Ma smettiamola di essere gente che tira avanti e porta la carretta col sorriso di civiltà senza affliggere nessuno.

Fare la vittima: vantaggi

1) Sei un disco rotto? Un lamento unico in scala di do? Cazzi loro. Ti devono sentire per forza, o pare brutto. Non si ignorano i dolori altrui, è sconveniente in società.

    2) Non eri nessuno? Non avevi proprio niente di avvincente da dire? Adesso hai la storia del tuo dolore. Va bene, non sei Kafka. Ma manco serve, c’è Instagram. Ci puoi costruire una carriera video dal niente. Dopo i 20mila follower arrivano gli sponsor. Anche quattromila euro a storia. Ti pare poco? Lo sai quanto guadagna un operaio turnista al mese?

    3) La vittima è mezzo intellettuale. Se soffri, la gente pensa immediatamente che tu abbia la certificazione “profondità di stato e di pensiero”.

    4) Devi farti furbo. Sulla pietà si lucra benissimo. Puoi fare le cose sporche: raccolte di denaro da far finire poi in dubbie fondazioni, oppure farle più pulite: diventi ambassador di qualche malattia. Assicurata copertura stampa e qualche evento con gettone a pagamento. E in futuro la candidatura politica, chissà.

    5) «In casi disperati, alone di martirio», citazione eccellentissima da una pagina di Flaiano che non dovete perdervi.

    Fare la vittima: svantaggi

    1) Paludi della tristezza. Quello è il tuo mondo adesso, devi fartelo piacere. Hai presente il quarto d’ora del riscatto? Quando ti rialzi? Quando lasci quello stronzo? Quando ce la fai da solo, quando contro ogni previsione (tanto le previsioni non ce le avremo mai a favore) riesci, quando acchiappi i sogni e li pieghi finché non diventano veri, quando ti inventi le soluzioni, quando t’arrampichi a mani nude e la parete è verticale ma tu non guardi sotto e continui, senza tregua, e poi la paura passa, quando il dolore invece di annaffiarlo lo strappi dalla terra? No, tu non ce l’hai presente. Tu sei vittima.

    2) Ti considerano un Addams. Un coso tristo che vaga nel mondo. Sei triste pure quando non sei triste.

    3) La vittima dopo tre giorni puzza. Sì, resteranno gli amici stretti e i parenti, gli altri ti guarderanno un poco schifati, evitanti.

    4) Sei condannato a stare coi tuoi simili. Il mondo a cui aspiravi, scopri, ti sbatte la porta in faccia. Gli infelici lì non li vogliono. «L'aria malinconica non è di buon gusto; ci vuole l'aria annoiata. Se siete malinconico, è segno che qualcosa vi manca, che non siete riuscito in qualche cosa. È un segno manifesto d'inferiorità», da Stendhal, Il rosso e il nero. Gente allegra la invitano in barca, a te no.

    5) Un bel giorno vuoi cambiare e scopri che è impossibile. Fai la fine di Ridge di Beautiful.