Un viso acqua e sapone, un sorriso contagiante, capelli mossi e mollettine, tanta voglia di raccontare il suo essere una ragazza italiana nata a Santo Domingo che è andata a cercare se stessa all’estero e proprio lì ha trovato spazio per la sua musica, mostrandosi per quello che è, con l’orgoglio di poter essere un esempio per tutte le ragazza latine che vivono qui che cercano di omologarsi, così come per anni ha cercato di fare lei. La felicità è stata accettare di essere diversa, dando valore alla sua identità.

Yendry Fiorentino, in arte senza cognome, quattro mesi vive a Los Angeles, ma quando le parliamo è a a casa della mamma, a Villafranca, in provincia di Torino. È in Italia per qualche giorno, in una breve pausa del tour che la sta portando in tutta Europa . Il 25 novembre suona al Biko di Milano, all’interno della programmazione della Milano Music Week in cui partecipa anche nel panel “Becoming the next big thing”. Le fa sempre un effetto strano: «Suonare in Italia è tornare a casa, è speciale, è mostrarmi sul palco davanti alla gente che conosco. Ma è anche il posto più difficile». Partita da XFactor nel 2012, l’anno di Mahmood - «Siamo rimasti amici, forse verrà a vedermi» -, oggi il suo brano "Nena" ha raggiunto quasi 20 milioni di stream. L’abbiamo incontrata.

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Non è poi andata così male dopo l'eliminazione di XFactor.

«A volte mi guardo indietro e penso che non avrei dovuto farlo. Non ero pronta, ero piccolina, avevo 18 anni e non conoscevo ancora la mia identità. Per gli altri è molto più facile imporre le proprie idee creative su di te, quello che pensano che tu possa essere. Per questo sono più felice del percorso che ho intrapreso dopo il programma»

Che cosa hai fatto?

«Mi sono iscritta a filosofia all’università, sono andata a lavorare in pizzeria, ho iniziato con due band di jazz e musica elettronica. Ho sperimentato e fatto tanta ricerca. Poi quattro anni fa sono tornata a Santo Domingo da sola. Volevo capire chi fosse Yendry. Ho ritrovato le mie radici e oggi mi sento autentica».

Non hai mai pensato di dover smettere quindi?

«Non ho mai abbandonato il sogno. Sono una persona molto sicura di me e, anche se a volte può suonare arrogante, io penso semplicemente che se studi molto, lavori, piano piano riesci a fare quello che vuoi. E poi io non ho mai associato il mio lavoro alla fama. Il farcela per me non è il successo, ma è arrivare artisticamente dove ti senti bene. E io sto bene. Ho ancora tanto da imparare e sogni, sono molto ambiziosa, ma soddisfatta».

Mi dici uno di questi sogni?

«Mi piacerebbe cantare al Coachella. Ho dei sogni molto grandi».

La ricerca della tua identità è stato un percorso complicato?

«Penso sia difficile per tutti, ma credo di aver avuto un po’ più di difficoltà perché sono nata a Santo Domingo. Sono arrivata qui in Italia con mia mamma, ero figlia di un'immigrata e crescendo mi sono resa conto che ero diversa dagli altri, ma avrei voluto essere come loro. Volevo essere italiana a tutti i costi, parlavo perfettamente, ma non capito come inserirmi nella società. È stata una lunga ricerca ma quando mi sono sentita mi sono sentita bene ad essere me, mi sono sentita "comoda"».

Cantare in lingua spagnola rappresenta questo?

«È stato naturale e terapeutico. La mia voce ha un sentimento diverso rispetto a quando canto in italiano o in inglese. Sono ripartita da lì»

Cosa ti piace cantare?

«Quello che ho vissuto personalmente o le storie di amici e famiglia. "Nena", che è la canzone da cui tutto è iniziato, parla di una madre che ha dovuto viaggiare lasciando la figlia nel suo paese natale e nel frattempo le manda una benedizione. È un po' la storia mia di mia mamma che a tre anni mi ha dovuto lasciare a Santo Domingo per un anno e poi ha sistemato tutto per portarmi qui con lei. "Barrio" invece parla di violenza domestica che è qualcosa di cui non si parla spesso in musica».

Tema di grande attualità in questi giorni. Pensi che parlare di più di violenza possa aiutare?

«Sì, secondo me è parte della soluzione. Ho seguito tutta la storia di Giulia Cecchettin e mi sono sentita… arrabbiata. Ho due fratelli maschi di 20 e 25 anni, ne ho parlato con loro e con mio padre. Perché il minimo che possiamo fare è parlare, condividere. Mi piacerebbe che anche loro, quando vedono qualcosa, quando sentono il commento sbagliato, possano dire la loro, possano intervenire, come magari posso fare io. È tutto troppo normalizzato».

Tu hai mai vissuto episodi, nel mondo della musica, in cui l’uomo ha manifestato il suo potere?

«Non ho mai subito direttamente nulla, ma mi sono trovata a lavorare soprattutto con uomini e a un certo punto mi sono chiesta perché dovessi passare la mia vita ad accarezzare l’ego di uomini magari molto più grandi di me. Così come troppo spesso ho ricevuto il loro parere su come mi vesto, su come fosse il mio corpo in quel momento. Sono cresciuta con una mamma molto libera e schietta per cui mi sono sempre difesa e ho sempre bloccato la conversazione e se ho un nuovo tatuaggio non ha nulla a che fare con la mia carriera. Se mangio di più perché sono stressata non ha nulla a vedere con la mia immagine. Non può essere normale che chiunque dia un’opinione che non è stata chiesta. Per questo vorrei più energia femminile attorno a me, vorrei lavorare con più donne».

La tua immagine nel tuo progetto artistico quanto conta?

«Sono un po’ un maschiaccio, non mi dedico tanto tempo. Non ho una truccatrice, mi trucco da sola, mi faccio i capelli. Non ho un’immagine tanto studiata, ho perso molta attenzione nell’essere il più naturale possibile. Perché sono così e così voglio presentarmi. Non mi stiro troppo i capelli perché penso di essere diventata un punto di riferimento per alcune ragazze dominicane che si sono stirate i capelli per anni e che, piano piano, stanno accettando i loro ricci. Non uso filtri su Instagram perché non mi piace l’idea di apparire diversa da quello che sono. Sono i miei valori interni che cerco di mantenere anche come artista».

Quando arriverà il tuo primo album?

«Ci sto lavorando. Spero presto. Sono in studio dopo mesi in cui nell’ultimo anno mi sembrava di fare tutto tranne che musica. Io voglio dare priorità alla musica. Sento la pressione del primo album e voglio che sia una testimonianza della mia arte».

Ci saranno nuove canzoni prima?

«Sicuramente. E a Milano canterò due canzoni inedite».

Ti dispiace che in Italia sia più difficile che nel resto del mondo per te?

«In Italia per me è sempre stato così. Non so perché, ma voglio concentrarmi di più per arrivare anche qui, sarebbe bello fare qualche feat. Credo serva spingere di più e farmi conoscere meglio».