Il nuovo millennio ha trasformato gli standard e ora la bellezza 2.0 non si esprime più solo attraverso sieri, mascara e maschere per capelli: i nuovi strumenti del beauty, infatti, sono botox, filler e chirurgia plastica. Elementi che non portano solo a dover riflettere su come la bellezza sia sempre più legata al modificare i tratti del viso permanentemente ma anche su come “essere belli” sia, ormai, soprattutto una questione economica. Un problema non solo etico, ma che coinvolge la società intera, creando un divario sempre più ampio tra coloro che possono permettersi di essere belli e chi, invece, deve accontentarsi di “non essere brutto”. Il rischio è evidente: l’impossibilità di raggiungere certi standard, infatti, può generare insoddisfazione, frustrazione e, nei casi peggiori, persino disforia e depressione. Le conseguenze, però, sono molto più ampie, globali persino. Nella società capitalistica, patriarcale e individualista in cui viviamo, la bellezza è diventata un mezzo per mantenere le gerarchie e creare un nuovo status symbol.

Storia della bellezza nella società

Il legame creatosi tra bellezza e status sociale è una novità a metà: nel corso dei secoli, infatti, gli standard di bellezza hanno sempre rispecchiato l’ideologia e i valori della classe dominante. Basti pensare al Rinascimento, epoca i cui l’unica vera bellezza era rappresentata dalla pelle chiara, simbolo di uno status sociale agiato. Essere pallidi, infatti, significava non avere la necessità di lavorare nei campi.

Il legame tra bellezza e status sociale è una novità a metà

L’esatto opposto di quanto accade oggi: una tintarella dorata anche in pieno inverno, infatti, trasmette al mondo l’idea di potersi permettere vacanze in posti esotici, ignorando la naturale alternanza tra lavoro (in inverno) e vacanza (d’estate). In passato, inoltre, la possibilità stessa di migliorare il proprio aspetto e cambiare la propria apparenza, abbellendosi, ha rappresentato un forte elemento di identificazione gerarchica. Addirittura, permettendo una basilare distinzione tra nobiltà, borghesia e lavoratori. Una differenziazione che, nel corso della Storia — merito soprattutto delle rivoluzioni popolari e dell’abbattimento dei ceti sociali dell’Ancien Regime — è progressivamente decaduta, riportando almeno una parvenza di uguaglianza. O, almeno, dando a tutti la possibilità di utilizzare cosmetici e prendersi cura di sé, almeno nella cultura Occidentale. Le differenze continuano a esistere, ovviamente, ma l’offerta dell’industria cosmetica ha fatto sì che chiunque potesse permettersi un arsenale basic da tenere nel beauty case, rendendo la bellezza finalmente democratica. O, almeno, molto più universale rispetto al passato.


I social network e una nuova idea di bellezza

Sebbene la bellezza naturale sia assolutamente democratica e, in un certo senso, genetica, la possibilità di soddisfare gli standard beauty imposti dalla società sono, invece, tutt’altro che alla portata di tutti. L’era dei social, in effetti, ha nuovamente cambiato le carte in tavola, imponendo dimostrazioni di bellezza assoluta e perfezione, impossibile da raggiungere. Almeno utilizzando i cosmetici tradizionali, e qui entra in gioco un nuovo mondo. A cambiare drasticamente gli equilibri è infatti stata la chirurgia estetica, che ha permesso di manipolare il proprio aspetto fisico per tornare a comunicare uno stato di benessere o, meglio, un vero e proprio status sociale. Ancora una volta, dunque, la bellezza è tornata a manifestare l’appartenenza a una certa classe sociale. Per fare un esempio, pur senza puntare il dito, la possibilità di accedere a medicina estetica e chirurgia plastica ha permesso a personaggi come Bella Hadid o Kylie Jenner di modificare radicalmente il proprio aspetto, finendo per rappresentare un’élite non solo in fatto di bellezza, ma anche di successo personale e lavorativo.

I dati raccontano di come il viso sia diventato una merce di valore

E se la bellezza fosse diventata una tassa da pagare?

La sempre maggior disponibilità di trattamenti cosmetici, estetici e chirurgici ha trasformato la bellezza in una sorta di tassa da pagare per poter appartenere a un certo tipo di società. Basti pensare all’infinità di trattamenti disponibili per migliorare il proprio aspetto, dal trucco semipermanente alla laminazione delle ciglia, fino al microblading. O, più banalmente, manicure, pedicure e piega dal parrucchiere. Per non parlare della sempre maggior richiesta di trattamenti di medicina estetica, dal botox al filler con acido ialuronico. Trattamenti che, a causa della pandemia e del lockdown sono addirittura raddoppiati. Lo testimoniano i dati forniti da Neauvia Italia, multinazionale del settore Medico-Estetico.

La bellezza è una sorta di tassa da pagare per poter appartenere a un certo tipo di società

Come racconta Paolo Calandra, General Manager di Neauvia, «dopo il periodo pandemico le nostre analisi di mercato hanno messo in luce un aumento della richiesta di trattamenti estetici per rimodellare il corpo (32%) preceduti solo da una maggiore richiesta di trattamenti dedicati all’epilazione (36%)». Un numero curioso riguarda anche i programmi per eliminare i tatuaggi (18%): «Forse il risultato del periodo di riflessione e introspezione che il lockdown ci ha costretto ad affrontare!». Richiestissimi anche i «trattamenti dedicati al ringiovanimento», continua Paolo Calandra. «Hanno interessato il 14% del mercato totale della medicina estetica. Un esempio è il successo del nostro protocollo Nlift per il ringiovanimento del terzo medio del viso». Evidenze che trovano conferma anche nei dati raccolti dall’Osservatorio AICPE (Associazione Italiana Chirurgia Plastica ed Estetica): l’Italia, nel 2019, era al quinto posto, dopo Stati Uniti, Brasile, Giappone e Messico, per numero totale di procedure. A crescere è soprattutto la medicina estetica, che rappresenta il 71,1% del totale. Tra gli interventi più richiesti, la mastoplastica additiva rappresenta il 16% delle procedute totali, specialmente nella fascia 19-34, mentre la blefaroplastica si posiziona seconda, con il 15,5% del totale. Il volto rimane, dunque, al centro dell’attenzione, specialmente per quanto riguarda trattamenti con tossina botulinica (+15%) e acido ialuronico (+21%), scelti per correggere le diverse aree del viso.

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La bellezza come fonte di reddito

I dati raccontano non solo la volontà di trasformarsi, ma anche come il viso sia diventato una merce di valore. Lo hanno dimostrato i selfie, i filtri social e le stesse chiamate su Zoom: avere una “bella faccia” è, di fatto, un investimento. Rientrare all’interno degli status di bellezza moderni, infatti, significa — in certi casi — generare ricchezza. Social network come Instagram ne sono la dimostrazione: tra influencer e meteore, è raro trovare personaggi famosi che, in qualche modo, non rispettino gli standard di bellezza attuali. Ecco allora che la bellezza permette di monetizzare, creando un circolo vizioso, nonché una vera e propria élite dal punto di vista socioeconomico. Incarnare gli standard beauty moderni diventa, dunque, un privilegio, che penalizza coloro che non hanno accesso ai mezzi per raggiungere la bellezza 2.0. Purtroppo, l’aspetto fisico influenza anche le possibilità di ottenere un impiego. Pare, infatti, che una persona di bell’aspetto abbia il 33% di possibilità in più di ottenere un secondo colloquio rispetto a chi non viene considerato tale (Busetta, Giovanni and Fiorillo, Fabio and Visalli, Emanuela, Searching for a Job is a Beauty Contest, Munich Personal RePEc Archive, September 2013). Spesso, infatti, la bellezza non viene solo associata a una piacevolezza estetica, ma a un vero e proprio modo di vivere. Essere belli, perciò, significa essere anche più competenti, affidabili, precisi e sicuri di sé. Elementi che per una persona bianca, agiata e con un mondo di possibilità possono essere di poco conto, ma che non lo sono affatto per le comunità marginalizzate.

Avere una “bella faccia” è, di fatto, un investimento

Soldi e salute: i rischi della ricerca della bellezza

La costante e spasmodica ricerca della bellezza non rischia semplicemente di far ripiombare la società in un superficiale edonismo dal sapore quasi epicureo, ma anche di mettere a rischio la salute di chi prova in ogni modo a rispecchiare una aspetto fisico che è possibile ottenere solo con l’aiuto della chirurgia. Oltre all’ingente spesa economica legata agli interventi, infatti, il problema legato alla pressione sociale di apparire al meglio finisce per spingere alcune persone a ricorrere a una chirurgia non sicura. Interventi all’estero alla ricerca del prezzo migliore, ad esempio, ma anche l’incapacità di ritenersi soddisfatti e, semplicemente, fermarsi, affidandosi a truffatori, più che a professionisti. Ecco allora che la ricerca della bellezza attraverso la chirurgia rischia di avere più effetti negativi che positivi, allargando il divario sociale. Ciò non significa demonizzare completamente la medicina estetica, ma semplicemente imparare a guardare alla bellezza con maggior consapevolezza.

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Beatrice Zocchi

Beauty addicted per vocazione, ho fatto della ricerca della skincare perfetta una missione. Amo scovare nuove tendenze, ma non chiedetemi di tingermi i capelli. Mai sottovalutare il potere della bellezza: il rossetto giusto può cambiarti la giornata.