Anche l'ultimo rapporto Ocse dice che dobbiamo fare molto (ma molto) di più per arrivare alla parità salariale. Si intitola Education at Glance, è l'ultimo report relativo al 2021 dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico e fa il punto sull'istruzione in questi anni di pandemia. Risultato? Le donne laureate in Italia guadagnano 30% in meno dei laureati maschi e quelle con un diploma di scuola secondaria superiore circa il 20% in meno. Insomma, molto male: anche se le le ragazze hanno buoni risultati scolastici, in quasi tutti gli Stati che fanno parte dell'Organizzazione le donne tra i 25 e i 64 anni guadagnano meno dei colleghi maschi: in media, lo stipendio di una donna equivale a circa il 76-78% di quello di uomo.

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Il rapporto analizza in modo particolare la situazione dopo questi mesi di pandemia e le notizie non sono buone. Il nostro Paese ha tenuto chiuse le scuole superiori per 90 giorni contro una media di 70 dei paesi Ocse (peggio di noi solo Slovacchia (115 giorni), Turchia (113 giorni), e Polonia (110 giorni)). All'interno di questo quadro, ancora una volta emerge come a farne le spese siano soprattutto le ragazze. Secondo l'Ocse, infatti, nonostante ci siano più donne che ottengono il diploma e le laureate siano il 35% rispetto al 23% dei loro coetanei uomini, le cose peggiorano con l'ingresso nel mondo del lavoro. Le laureate italiane, infatti, percepiscono una retribuzione pari al 71% di quella dei loro colleghi maschi e tra le diplomate la percentuale è del 79%. Se poi si considera chi ha un grado di istruzione inferiore a quello del diploma superiore, la situazione è ancora peggiore con il 30% delle donne italiane tra i 25 e i 34 anni e solo la licenza media che ha trovato un impiego nel 2020 rispetto al 64% degli uomini. Il nostro Paese in questo è al di sotto della media Ocse che è del 43% per le donne e del 69% per gli uomini.

Quando si parla di divario salariale, un altro problema, come sappiamo, è dato dalla segregazione orizzontale. Continuano ad esserci ambiti lavorativi spiccatamente femminili (come l'istruzione dove il 92% delle nuove arrivate sono donne) e ambiti - spesso più remunerativi - dove le donne sono sottorappresentate. È il caso, ad esempio delle discipline Stem ancora viste come maschili, nonostante la situazione in media stia lentamente migliorando. Per carità, questi dati non sono certo una novità: sappiamo che nelle situazioni di crisi il gender pay gap e la disparità in generale tendono a peggiorare, ma è importante fare riferimento ai dati. I numeri non mentono e finché non li vedremo migliorare continueremo a ripetere che la parità deve diventare una priorità, non solo a parole ma anche nei fatti.