Rimanere soli, deludere le speranze degli adulti e le proprie aspettative sul futuro. Sono paure profonde - e concretissime - che accompagnano la GenZ nella vita quotidiana. Lo ha rivelato un sondaggio di ScuolaZoo, che su Instagram ha chiesto ai proprio followers di rivelare le preoccupazioni che li inseguono a scuola, sul lavoro, in famiglia. Il 45% dei coinvolti ha risposto "rimanere solo", il 33% teme il fallimento.

Le aspettative degli adulti, il bisogno di eccellere in una società che impone la perfezione e non ammette l'errore, il confronto con modelli social e sociali inarrivabili (e spesso utopici) contribuiscono a plasmare questo carico mentale dei ragazzi che preme sulle loro umane fragilità e le amplifica. Le storie di cronaca che ci raccontano di suicidi maturati in contesti scolastici o universitari, figli di quell'insoddisfazione generata dal non essere dove si vorrebbe (o dove ci vorrebbero gli altri) riflettono in modo preciso questo malessere.

Lo diceva già uno studio dello scorso febbraio, questa volta condotto dalla società internazionale GWI su un campione di 900 mila persone, che pressioni e ansia da performance avevano contribuito a trasformare milioni di ragazzi nella generazione della "fatigue", termine che, in epoca post-pandemica, riflette quella stanchezza mentale e fisica che impedisce l'azione e il cambiamento.

Se i Millennials erano "bamboccioni", da una definizione che è stata loro affibbiata da una certa politica per identificare la loro mancanza di volontà nell'avanzare, emergere, addirittura lasciare la casa d'origine, la GenZ è invece affaticata, consapevole che gli obiettivi di carriera, di perfezione, di eccellenza che guidavano le precedenti generazioni oggi non hanno più senso, non sono più raggiungibili né appetibili. Il gap con le aspettative degli adulti, ancorati a un concetto di ambizione che oggi si sta lentamente sgretolando, genera la crepa che porta alla paura di fallire e, di conseguenza, a quella di rimanere soli. Come se non conformarsi agli standard generasse, di contro, una solitudine che allontana dagli altri, che rende diversi. In questa nuova forma di ansia sociale e da prestazione, la GenZ riflette le sue paure più profonde: vorrebbe distanziarsene per abbracciare un'etica del lavoro e di vita più orientata al benessere che non alla prestazione, ma l'ambiente che la circonda non glielo permette.

Secondo gli analisti, questa forma d'ansia che porta i ragazzi a farsi trascinare dalle crudeltà della vita - in cui rientrano anche i grandi temi sociali come le guerre e il cambiamento climatico, oltre che i problemi personali - non è uguale a nient'altro, ma è una modalità identitaria e unica che corrisponde proprio allo zeitgeist psicologico di questa generazione.